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Fiera internazionale della pelle e della pelliccia sotto attacco ad Istanbul

Riceviamo e traduciamo, riassumendo a grandi linee il resoconto di una manifestazione tenutasi a Istanbul il 18 gennaio 2012, in cui una cinquantina di persone si è ritrovata per manifestare contro la “sesta fiera internazionale della pelle e delle pellicce”. Crediamo sia importante diffondere quanto succede in altri paesi, soprattutto in quei luoghi dove questa lotta non ha una lunga storia ed una grande diffusione, e dove spesso la rabbia delle persone si esprime con una  determinazione ed una genuinità che non possono che ispirare positivamente. Numerosi i gruppi coinvolti tra cui “Sound of Resistance” , “ Iniziativa per il fiume Ergene” oltre ad altri attivisti ed anarchici per la liberazione animale.
Lo striscione centrale di apertura recitava “ La crudeltà non è mai andata così di moda” e dopo essersi ritrovata nella piazza centrale di fronte alla fiera, che si teneva al “Tüyap Convention and Congress Center” di Istanbul, la piccola folla ha iniziato a muoversi con decisione al ritmo dei tamburi. Un primo tafferuglio è avvenuto tra manifestanti a volto coperto ed alcuni giornalisti, che tentavano di rubare alcune immagini di attivisti mascherati per poter poi manipolare  sui media quanto avvenuto durante la giornata.
Dopo aver raggiunto l’area di ingresso davanti salone fieristico parte del gruppo ha iniziato a scrivere alcuni slogan a tema liberazione animale, non appena davanti il portone di entrata sono stati lanciati fumogeni e bombette di vernice rossa, a ricordare il sangue che gronda dalle mani di coloro coinvolti in questo business milionario. Alcune delle bombette hanno colpito poliziotti e guardie private che impedivano l’ingresso del corteo all’interno del padiglione, causando alcuni momenti di scontro tra alcuni manifestanti e le guardie.
A seguire, la traduzione integrale del comunicato del gruppo turco “Freedom to Earthriguardo all’accaduto ( alcuni punti possono suonare poco corretti o incompleti dal punto di vista formale, ma si è ritenuto comunque di proporre lo scritto integralmente):
– Noi, come associazione “Freedom to Earth”, abbiamo contestato  il 6 ° Salone Internazionale della Pellicceria & della Pelle ed il centro congressi TÜYAP che ha voluto ospitare questo evento. Perché là dentro, le aziende che espongono le loro pelli di alta moda e le loro pellicce, stanno facendo un sacco di soldi grazie al massacro di animali giorno dopo giorno ed in tutto il mondo, grazie al capitalismo industriale.

Ogni anno, più di 50 milioni di animali vengono massacrati solo per le loro pellicce. 85% di quegli animali devono spendere tutta la loro vita in gabbie molto strette, l’uno ammassato sopra l’altro, con scarsità di cibo e acqua. Animali che vivono in questo tipo di condizioni spaventose si ammalano e / o  si auto-mutilano di continuo a causa della totale assenza di cura. Non riescono a vivere un momento di pace per la loro intera esistenza. Soprattutto quelli selvatici arrivano ad auto-ferirsi rosicchiando i loro corpi a causa della schiavitù  imposta tirannicamente da alcuni esseri umani.

Gli animali catturati durante la loro vita naturale così come gli altri fatti nascere schiavi  vengono tutti massacrati solo per il profitto degli allevatori e dei pellicciai e la vanità dei loro acquirenti. Mentre cani, gatti e procioni in Cina sono spellati vivi e fatti morire  lentamente con atroce sofferenza, in Canada, i cuccioli di foca  vengono ammazzati con mazze uncinate sfondate nel cranio. L’applicazione di scariche elettriche ai genitali, avvelenamento da sostanze chimiche, la bollitura da vivi,  la rottura dell’osso del collo e l’intrappolamento sono solo alcune delle crudeltà inferte sugli animali che sono in grado di sentire il dolore fisico, proprio come gli esseri umani fanno. L’industria della pelliccia e della pelle promuove direttamente alcuni di questi metodi, come dare scosse elettriche attraverso una sbarra di metallo inserita nel retto dell’animale in quanto causa il minimo danno alla pelliccia. Questo dimostra come il capitalismo reifichi la natura ed i suoi abitanti in nome del profitto.

Sappiamo poi che pellicciai usano prodotti chimici tossici chiamati “formaldeide” per la conservazione dei loro “prodotti”’. Rispetto alla produzione di pelliccia “tradizionale”,  l’uso di quelle sostanze chimiche causa 15 volte più inquinamento ambientale. Gli allevamenti oltre ad essere direttamente responsabili di milioni di animali schiavizzati , lo sono anche per la fuoriuscita nelle acque sotterranee e nei fiumi di tonnellate di ammoniaca. Le sostanze chimiche che vengono utilizzate nel settore pelle sono un serio danno per l’ecosistema. Il fiume “Ergene” in Tracia è ormai così inquinato da essere un pericolo per le specie che lo abitano: la zona è uno dei centri principali di lavorazione della pelle.  Anche per questo ribadiamo la nostra opposizione alle industrie del cuoio e della pelliccia, che danneggiano gravemente l’ambiente in cui viviamo.

Anche se noi non approviamo l’esistenza stessa, l’operato ed il lavoro di queste industrie, dobbiamo menzionare anche che il loro approccio volto allo sfruttamento della vita si estende anche su coloro che lavorano per le industrie stesse. Quello che loro fanno agli animali oggi è stato imposto anche ad esseri umani, soprattutto durante lo schiavismo. I lavori peggiori all’interno di queste industrie sono svolti da lavoratori impoveriti dal capitalismo, e la loro condizione rende questi ultimi totalmente privi di sensibilità ed empatia verso gli animali a loro volta oppressi.  Vi sono persone che devono lavorare senza alcuna tutela in atelier-fabbriche ammalandosi di malattie allergiche e carcinoma a causa degli effetti dannosi di sostanze tossiche. A Bolu – Gerede, lavoratori del cuoio sono in sciopero a causa della mancanza di condizioni di lavoro accettabili e per questo sono stati spruzzati di spray urticante dalla polizia, sostenuta dal capitale e del governo. Non abbiamo dimenticato quello che i lavoratori DESA hanno sperimentato prima e durante la loro resistenza quando sono stati licenziati solo per essersi iscritti al sindacato. Quindi questo settore industriale utilizza e sfrutta gli esseri umani, proprio come l’ambiente e gli animali, al fine di perseguire la sua sanguinosa attività.

La struttura mentale antropocentrica che ci viene imposta , e la fibra morale che legittima il capitalismo sono costantemente causa di distruzione incosciente degli animali, degli esseri umani e della natura; discriminazioni come specismo, razzismo e il sessismo sono diverse forme  di dominio e sono fondamentalmente collegate l’una all’altra. Vogliamo che ogni tipo di discriminazione, di gerarchia e relazione oppressiva finisca, altrimenti gli esseri umani continueranno ad essere causa di innumerevoli disastri a causa di questa cultura del consumo. Noi, come gruppo “Freedom to earth” combattiamo per la liberazione di tutte le specie contro ogni forma di egemonia e rifiutiamo qualsiasi tipo di oppressione e di discriminazione sugli altri esseri viventi.
Vogliamo si sappia che la volontà di oppressione verso gli animali sta anche distruggendo l’umanità. Vogliamo precisare che non dobbiamo sfruttare gli animali per vestirci o nutrirci, non vi è nulla di accettabile in questa crudeltà ed ogni singola espressione dell’industria dello sfruttamento animale deve finire. Quindi, è in questo contesto che diciamo che le industrie che massacrano animali, sfruttano le persone e devastano l’ambiente, così come i governi che permettono queste atrocità, sono tutti assassini.
Di conseguenza ci appelliamo a tutte le persone che rispettano la vita ed i diritti fondamentali, perché smettano di utilizzare cuoio o prodotti in pelliccia e combattano contro le industrie capitaliste che sfruttano il vivente e distruggono la natura.

Libertà per uomini, animali e la terra!

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Lettera della compagna di Eric McDavid, prigioniero “Green Scare”

Quella che segue è una lettera scritta da Jenny, partner di Eric Mc David e fatta circolare attraverso l’ELP Support Network ( Earth Liberation Prisoners Support Network). Eric Mc David  è una delle vittime della campagna di repressione nei confronti del movimento eco-animalista in America nota come “Green Scare”,  un nome che ricorda la tristemente celebre “Red Scare”,  ovvero la persecuzione da parte del governo americano negli anni ‘40 di “nemici interni” identificati al tempo in comunisti ed anarchici.
Eric Mc David è stato condannato a 20 anni per un crimine che G.Orwell nel suo  “1984” aveva identificato come “psico-reato”. Non è stato incriminato per aver organizzato o portato a termine azioni dirette, nessun tipo di danneggiamento o incendio è in alcun modo collegato con il caso di Eric.

Quello che Eric ha fatto è stato essere inconsapevolmente coinvolto da una informatrice dell’FBI, tale “Anna”, nella organizzazione e progettazione di una mai realizzata azione diretta insieme ad altre due persone che durante il processo hanno testimoniato contro di lui per ottenere sentenze ridotte.
Il caso di Eric Mc David è esemplificativo di quello che un governo (ed un giudice al suo servizio) sono in grado di fare per distruggere la vita di coloro che intendono opporsi alle loro politiche, ai loro progetti di devastazione del nostro futuro e del pianeta sul quale viviamo.
Al contempo, la lettera di una persona che dopo 6 anni ha la forza e la determinazione di esprimere le proprie emozioni e considerazioni su qualcosa che così profondamente influisce sulla propria esistenza e le proprie relazioni merita di essere condivisa e fornisce molteplici spunti per portare avanti le proprie lotte, con sempre in mente coloro che stanno pagando il prezzo più alto per aver deciso di non restare indifferenti.
Per chi volesse scrivere ad Eric Mc David, o a qualsiasi altro prigioniero di lingua inglese, ma non conosce abbastanza bene la lingua per poterlo fare e vogliono una mano, basta inviarci la lettera (o le parti che non si riescono a tradurre) alla mail indicata in “contatti” e vi re-inviamo la lettera tradotta non appena possibile.
Sito di supporto di Eric McDavid, in inglese : http://supporteric.org/index.html

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Cari amici,

Oggi ricorre il 6 ° anno di arresto e incarcerazione di Eric. Non sono certa del perché mi sento sempre costretta a commemorare questo giorno – il
ricordo risveglia il molto dolore sofferto, la rabbia e la frustrazione. Non è davvero qualcosa che mi fa piacere ricordare. Ma è anche qualcosa che non potrò mai dimenticare. Quel giorno ha alterato per sempre il corso della vita di Eric – e la vita di tutti coloro che lo amano.

Ma so anche che ricordare è una nostra responsabilità.  In primo luogo per ricordare il perché Eric è stato arrestato- non perché nulla è stato bruciato o  danneggiato, ma perché ha osato pensare di poter cambiare le cose. E non ha chiesto alcuna autorizzazione a chi non gliela avrebbe mai data. Eric è stato arrestato – e condannato a una quantità spropositata di anni in prigione- a causa delle sue idee politiche.

Dobbiamo anche ricordare che cosa significa veramente essere solidali – con Eric e tutti i nostri altri compagni dietro le sbarre. Dobbiamo ricordare che essi sono ancora qui. Sono tutti ancora una parte del nostro movimento e abbiamo bisogno di agire – Ogni giorno – per includerli all’interno di esso. E, cosa più importante, dobbiamo continuare  le lotte per le quali hanno dato tanto.

E dobbiamo ricordare che a volte le cose cambiano dall’oggi al domani.
A volte i nostri cari vengono strappati da noi. Non vi è alcun modo per prepararsi davvero ad una esperienza così straziante, ma quello che possiamo fare è ricordare di usare il tempo che abbiamo oggi ed esserci, gli uni per gli altri. Amare senza paura. Mai dare per scontato il tempo che condividiamo con l’altro. Il tempo è un dono prezioso.

Recentemente, ad Eric e me è stato restituito qualcosa che ci era stato rubato 6 anni fa. Io non ho nessuno da ringraziare. Di principio, non avrebbero mai dovuto rubarcelo . Ma non posso dirvi quanto io sia stata felice nel momento in cui questa cosa ci è stata ridata. Il 21 novembre, durante la nostra visita a Terminal Island, Eric si è proteso oltre il “tavolino” posto tra noi, ed ha afferrato le mie mani.  Ad Eric e me non era stato permesso di sedere insieme e toccarci le mani per 6 anni. Il contatto umano è  parte integrante nella conduzione di una vita sana e felice. Non essere in grado
di toccare le persone che si amano è una tortura. E ‘crudele ed inumano.
(Immaginate di guardare una persona amata piangere e di non essere in grado di asciugare via la loro lacrime, o tenere loro la mano …) . Il contatto  approfondisce i nostri legami con gli altri – si muove al di là delle lingue in un regno che le parole non possono contenere o
spiegare. Naturalmente, il potere  sa tutto questo, ed è probabilmente il motivo per cui ci è stata negata questa possibilità per tanto tempo. Siamo perfettamente consapevoli che ci potrà essere portata via di nuovo in qualsiasi momento. Ma per ora ci godiamo ogni secondo di essa.

E così mi ricordo anche di questo – non prendere mai nulla per scontato.

Eric e io desideriamo esprimere il nostro sentito ringraziamento a tutti voi.
 E ‘evidente per noi che molte persone non hanno dimenticato. Eric continua a ricevere i messaggi da persone in tutto il mondo – vi prego di continuare così! Ama potervi leggere. Voi siete il suo collegamento con il mondo esterno – con i movimenti, i luoghi e le idee a cui tiene.  Mantenere stabilmente queste connessioni è di incredibile importanza per lui.

E a tutti voi che avete donato al fondo di sostegno di Eric – non avete idea di quanto siamo grati. Queste donazioni non solo aiutano Eric con  cose
come francobolli, cibo e oggetti personali da poter comprare  o con il pagamento delle telefonate- contribuiscono anche al fondo visite, per lui ed i suoi cari. Queste visite sono fondamentali per mantenere tutti noi sani di mente. Sarebbe impossibile per noi visitarlo tutte le volte che attualmente facciamo senza il vostro aiuto.

Eric ed io sentiamo il vostro supporto giorno dopo giorno. “Grazie” non potrebbe mai essere abbastanza…

Eric ha scontato 6 anni di una condanna a quasi 20 anni. A volte questo pensiero
è quasi schiacciante. Ma poi mi ricordo. Mi ricordo di Eric, di chi è e di come ha resistito di fronte a tutto questo. Ricordo tutti voi e quanto amore e sostegno abbiamo sentito provenienti da tutte le le direzioni. E ricordo che siamo in grado di farcela

Con tanto amore,

Jenny (partner di Eric)

Posted in supporto prigionieri.


Investigazione di “Nemesi Animale” sull’allevamento Bruzzese: il vero volto dell’industria dello sfruttamento

Guarda il video dell\’investigazione di \”Nemesi Animale\”

Gli attivist* di “Nemesi Animale” hanno pubblicato il loro nuovo lavoro di investigazione focalizzato su un allevamento di galline ovaiole nella provincia di Varese, l’allevamento “Bruzzese”. Negli ultimi anni il movimento di liberazione animale ha visto moltissimi gruppi a livello internazionale intraprendere questo tipo di metodo, attraverso le investigazioni si tenta di confrontare l’industria dello sfruttamento  animale mostrando al pubblico quello che non si vorrebbe si vedesse,  la sofferenza ed il dolore all’interno degli allevamenti , la brutalità e la noncuranza con cui gli animali sono trattati, gli effetti di una vita in cattività che si esplicitano in comportamenti stereotipati e compulsivi, ferite ed amputazioni, cannibalismo, malformazioni e patologie mai curate di diverso tipo.
Molte persone hanno iniziato a fare certe considerazioni proprio dopo aver visto  cosa accade dietro ai muri di laboratori ed allevamenti, e numerose campagne di rilievo sono iniziate grazie alla rabbia e alla motivazione che immagini rubate sono riuscite ad infondere nelle persone:  la campagna “ Save the Newchurch Guinea Pigs” nacque proprio in seguito al video dell’ALF che documentava le condizioni di questi splendidi animali all’interno del lager posseduto dalla famiglia Hall, la campagna SHAC iniziava la sua lunga storia dopo la diffusione sui media nazionali inglesi del filmato “ It’s a dog’s life”,  realizzato sotto copertura all’interno del laboratorio HLS.
Il lavoro di investigazione di per sé, per quanto fornisca indispensabile materiale per poter contrastare le falsità e le menzogne dell’industria  ed abbia un grande potenziale educativo, pone purtroppo alcune criticità:
-In primo luogo affrontare gli aguzzini in campo “mediatico” tentando di rendere meno pulita la loro immagine tende ad essere un percorso ingannevole, considerato il supporto pubblico e politico di cui queste aziende godono ( partendo dal presupposto secondo il quale la pubblica opinione considera l’antroponcentrismo un concetto non discutibile, e lo sfruttamento animale, seppure “antipatico” ad alcuni, appare come naturale e congenito alla razza umana) . Ne deriva che le aziende responsabili  non accettano di mettere neanche in discussione se sia giusto o meno rinchiudere e torturare esseri viventi per profitto, ma spostano il discorso su argomenti irrilevanti, come nuove regolamentazioni, nuove gabbie ed arricchimento delle stesse, più controlli e via dicendo.  Ma una gabbia resta tale, non importa quanto grande o arricchita essa sia. Ogni essere animale all’interno di una gabbia sta soffrendo, sia che quella sofferenza si esprima attraverso ferite che ne esplicitino la condizione,  sia che venga celata nel silenzio. Far capire questo ai nostri avversari, portare il livello dello scontro su questo punto, sull’esistenza stessa della gabbia e non sulla condizione “eccezionale” di maltrattamento, è probabilmente uno degli aspetti più complessi  della questione.
– Secondariamente,  il rischio è che gli sforzi di mostrare alle persone immagini che le spingano a riflettere e riconsiderare il proprio ruolo ed le proprie abitudini si perdano nell’odierno flusso di informazioni che saturano lo “spettatore” nella società in cui viviamo, l’era del web 2.0 dove ogni persona  è esposta ogni giorno a centinaia di informazioni, moltissime delle quali sotto forma di immagine fotografica o video, ed in cui le percezioni e le reazioni degli individui sono state progressivamente annichilite;  di conseguenza immagini che mostrano estrema sofferenza e condizioni che, per persone già attente o sensibili a queste tematiche appaiono intollerabili,  vengono percepite una volta diffuse come “un altro video sulla rete”, un qualcosa da cliccare e buttare nel dimenticatoio dopo pochi minuti.
Nel caso del video sull’allevamento di uova “Bruzzese” queste criticità sono state parzialmente superate: l’investigazione è infatti funzionale ad un immediato obiettivo , fermare la costruzione di un allevamento più grande, sempre di galline ovaiole da parte della stessa azienda all’interno di un parco protetto, il parco del Roccolo, nella città di Busto Garolfo. Si è scelto di focalizzare la propria attenzione esclusivamente su questa azienda, piuttosto che filmarne molte nel tentativo di dare una prospettiva generale sullo stato dell’industria, come è accaduto nella maggior parte delle precedenti investigazioni pubblicate. Il livello del confronto è stato quindi stabilito da subito, la dimensione generale  ha lasciato il posto ad una dimensione locale e diretta, in cui le parole di Bruzzese non trovano alcuno spazio davanti alle foto di animali privi di piume agonizzanti  nelle loro gabbie, ed in cui chi vede il video perde il “conforto” di percepire quelle immagini come lontane dalla propria realtà, in quanto relative ad uno specifico, identificato e conosciuto luogo dello sfruttamento.
L’investigazione è stata presentata in strada, con una iniziativa nella città di Varese sempre la scorsa settimana, ed un’altra che si terrà  a Milano, sabato 14 gennaio, in corso V.Emanuele.
Superare l’ impersonalità della semplice fruizione del video attraverso internet può essere importantissimo, coinvolgere le persone attraverso una relazione diretta, in cui l’emotività che le immagini suscitano possa essere condivisa e canalizzata attraverso un coinvolgimento attivo nella lotta può essere una chiave, un modo  per oltrepassare il livello di comune alienazione ed indifferenza tipico degli abitanti delle città oggi.
Nella manifestazione di Varese persone in una gabbia avevano alle spalle uno striscione : “ immagina se questa fosse la tua vita”, un modo per richiamare l’attenzione sul reale problema, che non sono le irregolarità che un potenziale veterinario ASL potrà mai riscontrare, ma l’esistenza stessa di quelle gabbie e la mercificazione degli animali da parte dell’uomo.
Il video è stato recentemente rimosso da Vimeo.com, motivo per il quale è divenuto importante diffonderne il link attraverso la versione su youtube.com di modo da farne continuare la circolazione :


http://www.youtube.com/watch?v=LwHAaXOJl5Q

Altre investigazioni recentemente pubblicate da gruppi internazionali :
-Investigazione sugli allevamenti di volpi e visoni in Finlandia  da parte del gruppo “Oikeutta eläimille” : http://tarhauskielto.fi/

-Investigazione sugli allevamenti di maiali in Finlandia sempre svolta da “Oikeutta eläimille”: http://sikatehtaat.fi/english

-Alcune delle investigazioni del gruppo internazionale “Animal Equality” : http://www.animalequality.net/videos

-Investigazione sugli allevamenti di conigli in Olanda, gruppo “Ongehoord”: http://achtergeslotendeuren.org/

-Investigazione negli allevamenti di animali da pelliccia norvegesi, “Nettverk for dyrs frihet” : http://www.forbypels.no/

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Alcune considerazioni iniziali…

La principale motivazione che ci ha spinti a creare questo sito, è la volontà di organizzare un punto di incontro e contatto, inizialmente virtuale, che speriamo possa presto prendere forma  in una esperienza concreta, per coloro che a Genova ed in liguria sentono la necessità di attivarsi personalmente in merito a questioni inerenti la liberazione animale.

Alcune passate esperienze, nello specifico campagne nazionali contro la vendita di capi in pelliccia in alcune catene commerciali, ci avevano permesso di stabilire un contatto con alcune altre realtà e persone che potenzialmente avrebbero voluto organizzarsi sul territorio, senza però aver mai trovato il supporto e la collaborazione di altri nel generare un progetto comune.

Nell’ intraprendere questa esperienza, siamo consapevoli del fatto che esista una profonda ed innegabile connessione tra lo sfruttamento degli animali e le altre forme di oppressione che questa società genera, giustifica ed organizza.

Lo sfruttamento è il motore che permette a questa stessa società di esistere e funzionare, ne olia gli ingranaggi e ne definisce la forma. Sebbene l’oppressione in base alla classe, razza, genere o specie abbia radici storiche complesse e lontane nel tempo,  è con la società capitalista industriale e globalizzata  che la stessa ha raggiunto livelli di specializzazione, meccanicizzazione e diffusione prima impensabili.

Basta  considerare, per esempio, l’odierno processo di macellazione , caratterizzato da velocità e numeri di individui  allevati ed uccisi che sino a qualche decennio fa non sarebbero stati pensabili, o all’industria della pelliccia, che ha saputo rigenerarsi attraverso soluzioni commerciali trovate nel consumo di massa ( inserti in pelo in prodotti di uso comune) e nell’esportazione, o al crescente potere politico ed economico delle multinazionali farmaceutiche, principali responsabili della sofferenza e morte di milioni di esseri senzienti rinchiusi nei laboratori di ricerca.

La ragione è che in questo tipo di società  il valore fondante e fine ultimo dell’azione di aziende, governi e degli altri soggetti economico/politici è il conseguimento di profitti sempre maggiori, la conquista di posizioni di potere ed egemonia sempre più vaste,  il cui raggiungimento impone ritmi, relazioni e tempi non compatibili con i nostri, quelli degli altri animali e del pianeta sul quale viviamo. La liberazione animale e quella della terra sono due facce della medesima medaglia, non riusciamo ad immaginare una reale liberazione delle popolazioni animali mentre sono avvelenate dalla industrializzazione indiscriminata o sterminate dalla deforestazione per fare posto a nuovi complessi turistici, centri commerciali o grandi opere , di qui il proposito di considerare queste due lotte come la stessa, e di porre in esame le proprie responsabilità individuali andando oltre la scelta vegan ( che riteniamo in ogni caso il primo ed inevitabile passo verso un modo di vivere che pesi il meno possibile sulle vite altrui).

Nonostante la complessità estrema di questo quadro, sentiamo la necessità di porre l’accento sulla questione animale e sui profondi legami che la rendono inscindibile dalla struttura gerarchica, oppressiva e nociva che caratterizza l’esistente che intendiamo criticare e combattere.

Anche e soprattutto perché lo sfruttamento degli animali è una forma di oppressione generalmente e trasversalmente accettata . Lo specismo, a differenza di altre forme di discriminazione, viene dai più ignorato, da altri giustificato da una presunta superiorità intellettiva e cognitiva dell’ uman* rispetto agli altri animali, da altri ancora spacciato per “inevitabile” conseguenza della necessità umana di provvedere ai propri bisogni primari.

Per queste ragioni riteniamo importante ricontestualizzare la lotta allo sfruttamento animale in questa società in un progetto più ampio di critica, e comprensione, del sistema che la causa.

Ci piacerebbe che la liberazione animale e della terra torni ad essere un tema affrontato, dibattuto e combattuto, vorremmo vedere più persone disposte a metter in discussione le proprie certezze tentando di comprendere le ragioni di chi ha fatto di questa sensibilità verso gli oppressi tra gli oppressi una urgenza ed una priorità, assistere ad un conflitto oggettivo, reale e diretto alle espressioni dello sfruttamento nelle città in cui viviamo, per poter rendere concreto, rumoroso, fastidioso alle orecchie degli aguzzini il dolore di coloro che ogni giorno nascono, soffrono e muoiono in quelle gabbie.

Parte integrante di questo progetto vuole essere il supporto attivo ai prigionieri eco-animalisti, riteniamo fondamentale che un movimento consapevole riconosca la necessità di manifestare apertamente la propria vicinanza e solidarietà a coloro che hanno deciso di impegnarsi in prima persona per gli animali e la terra, e che ne stanno pagando il prezzo rinchiusi in una cella. La repressione verso questo movimento si sta intensificando ovunque nel mondo, voler ignorare questo fenomeno ci appare non solo politicamente inaccettabile, ma anche  ingenuo strategicamente.

Senza un supporto reale, costante, complice ed organizzato saremo sempre più soli davanti alla repressione, ed ogni possibilità di successo si sgretolerebbe sul nascere. Allo stesso tempo, ci appare poco sensato lottare per distruggere per sempre le gabbie che imprigionano gli animali, senza considerare la necessaria distruzione di quelle che imprigionano altr* uman*, a nostro modo di vedere l’istituzione carceraria si palesa come espressione dell’arroganza di coloro in posizioni di potere per mantenere l’ ordine delle cose inalterato (condizione degli animali inclusa), e come tale va combattuta.

Sembrerebbe superfluo precisarlo, ma considerata una tendenza latente di certi soggetti a prendere parte alle iniziative animaliste o ecologiste sentiamo di ribadire, ora e subito, che in nessun caso potremmo tollerare di condividere momenti di piazza, di dibattito o confronto con chiunque nutra simpatia, affinità o semplice indifferenza verso “idee” fascistoidi, razziste, sessiste o omofobe.

Allo stesso tempo non riteniamo comprensibile l’atteggiamento di coloro che decidono di affidare la gestione della propria rabbia ad associazioni, politici o partiti: le istituzioni sono i pilastri sui quali la società dell’oppressione si regge, senza metterle in discussione è difficilmente progettabile una reale prospettiva di cambiamento per gli animali, umani e non.

Ci piacerebbe, in definitiva, che questo gruppo servisse a catalizzare energie provenienti da diverse parti, che divenga un occasione per generare momenti di discussione, crescita e condivisione , nell’ottica e con la voglia di raggiungere una maggiore consapevolezza personale e collettiva.

Questo testo vuole essere un breve spunto, un invito senza alcuna pretesa, per chiunque abbia voglia di mettere a disposizione il proprio tempo e le proprie energie, la propria passione e la propria volontà, nei propri limiti e con i propri modi.

Le motivazioni per farlo sono davanti agli occhi di tutti, e dietro alle coscienze di molti. Di motivi ve ne sono milioni, sono in questo momento rinchiusi in minuscole gabbie metalliche con una manciata di centimetri a disposizione per produrre uova, in attesa di essere sgozzati ancora coscienti in un mattatoio o gassati in camere a gas per poi essere scuoiati e divenire un colletto di pelo, si trovano incatenati in preda al panico dopo essere stati sottratti alla propria madre a pochi minuti dalla nascita o dopo essere stati brutalmente rapiti dalla foresta , sottoposti ad atroci sevizie per divenire fenomeni da baraccone. Per queste e molte altre motivazioni, pensiamo non sia possibile aspettare che siano altri a farlo per noi, crediamo sia necessario attivarsi in prima persona ed iniziare a creare la realtà che vorremmo vedere…

 

Per la liberazione animale e della terra.

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