Pubblichiamo la traduzione di un’intervista recentemente apparsa sul sito di musica e controcultura punk profanexistence.com a Jake Conroy, ex prigioniero politico statunitense.
La ragione per cui abbiamo pensato di tradurre e diffondere questa intervista è perché pensiamo possa offrire una retrospettiva, seppure parziale, su quello che è stata in Nord America e nel resto del mondo, quella che passerà alla storia come la più determinata campagna antivivisezionista mai esistita: la campagna Stop Huntingdon Animal Cruelty.
Prospettive per un attivismo efficace e repressione da parte dello Stato : Intervista a Jake Conroy, ex prigioniero antivivisezionista .
Come ridurre sul lastrico una multinazionale dello sfruttamento?
500 animali al giorno muoiono nei laboratori di Huntingdon Life Sciences (HLS), una delle più grandi aziende di sperimentazione a contratto nel il mondo. Cani beagles, primati, conigli, topi, ratti, gatti e altre specie vengono bruciati, feriti e tagliati, vengono loro iniettati veleni mentre sono vivi e coscienti. Questo per garantire che prodotti come il Viagra o pillole per dimagrire riescano a raggiungere gli scaffali dei negozi di tutto il mondo. Allo stesso modo gli animali vengono torturati dentro le sedi di questa multinazionale per commercializzare sementi OGM, pesticidi, fertilizzanti e detergenti per la casa.
Una manciata di individui determinati ha dato vita sul finire degli anni 90 ad una campagna che ha ridotto questo gigante della vivisezione in ginocchio ed ha fatto in modo che oltre 500 aziende abbiano smesso di fare affari con HLS, compresa la loro compagnia di assicurazione,alcuni loro fornitori, alcuni loro clienti, la loro banca. Gli stessi attivisti sono riusciti ad ottenere l’esclusione di HLS dalla Borsa di New York, facendo in modo che le loro azioni venissero svalutate in massa.
Jake Conroy è stato uno degli attivisti coinvolti nella campagna Stop Huntingdon Animal Cruelty(SHAC) negli Stati Uniti, gestendo il sito, ed organizzando manifestazioni e presidi.
Per questo, Jake è stato condannato a 4 anni di carcere.
Nonostante la costante repressione e le assurde pene carcerarie imposte in America ed in Gran Bretagna ai danni di diversi attivisti la campagna SHAC continua, da ormai oltre dieci anni, senza sosta con un solo obiettivo fondante : chiudere HLS per sempre.
PE: Come ti sei trovato coinvolto con l’attivismo per gli animali, e nello specifico campagna SHAC?
JAKE: Ho sempre avuto una forte percezione della sofferenza dei più deboli per tutta la vita. Non ho realizzato, però, sino a quando avevo 19 anni che i più deboli tra i deboli nel mondo erano gli animali non umani. Ho passato molto tempo a pensare al come indirizzarmi verso il problema, leggendo libri ed opuscoli trovati a concerti punk/hardcore , guardando video ovunque li potessi trovare (impresa abbastanza difficile nell’era pre-YouTube). Per qualche tempo sono stato titubante, in procinto di fare quel salto e mettermi in gioco in prima persona.
Vivevo a Seattle in quel momento , ed un giorno camminando a piedi verso scuola ho incrociato alcune persone che protestavano contro il circo dove gli elefanti erano costretti ad attraversare l’intera città per miglia in mezzo al traffico. Sono passato davanti al presidio e non ha detto una parola, sebbene sentivo che avrei voluto. Così mi voltai, tornai indietro e chiesi a quelle persone che cosa stavano facendo, chi erano e come avrei potuto entrare in contatto con loro. Mi risposero semplicemente: “Siamo nelle Pagine Gialle”.
Effettivamente, cercando alla voce “associazioni animaliste”, c’era un annuncio – The Animal Rights Network Northwest. Chiamai il numero e potei reperire informazioni sulle proteste in programma contro il circo, ed il fine settimana successivo tornai al presidio, questa volta per prendervi parte.
Nei 5 anni dopo ho partecipato ad azioni di disobbedienza civile, ho organizzato campagne per chiudere saloni di pellicceria, ho contribuito a fare di Seattle una delle città più attente verso gli animali, e sono stato arrestato (con il mio attuale co-imputato Josh Harper) per l’impegno nel sabotaggio della prima caccia alle balene nelle acque costiere degli Stati Uniti, dove mi sono trovato a pilotare una barca tra balene e baleniere.
Nel 2001 avevo iniziato a lavorare localmente sulla campagna contro HLS nella zona di Seattle, quando ho ricevuto una telefonata da un amico che mi chiedeva se volevo spostarmi nella zona est degli USA per un paio di mesi per iniziare a contribuire alla creazione dell’ ufficio americano della campagna SHAC, Stop Huntingdon Animal Cruelty USA. Non avevo niente altro da fare, così ho impacchettato le mie cose per dirigermi a Philadelphia. I primi 3 mesi mi hanno dato la motivazione necessaria per decidere di non tornare indietro. I 5 anni a seguire li ho dedicati a contribuire con tutto me stesso ad una delle campagne più emozionanti della mia vita.
PE: Cosa si può imparare da SHAC, e dalla repressione che avete dovuto affrontare?
JAKE: Penso che la cosa più importante che le persone possano imparare da questa campagna è che il loro attivismo deve essere strategico, intelligente, e creativo, pur non dimenticando la necessità di essere premurose, attente, e calibrarele scelte.
Non dobbiamo buttarci a capofitto in qualcosa facendolo in un certo modo solo perché “è sempre stato fatto così”, anzi dobbiamo cercare di ponderare i possibili esiti, essere pronti ad accettarli e non temerli.Bisogna capire che siamo sempre alla prova, le nostre azioni devono essere significative ed avere un impatto nella strategia di lungo periodo.
PE: Da cosa pensi derivi il successo della campagna SHAC?
JAKE: Bobby Seale, il co-fondatore del Black Panther Party, una volta ha detto che per avere successo è necessario saper catturare l’immaginazione della gente, e la campagna SHAC USA ha fatto proprio questo.
In quel momento in Nord America le grosse organizzazioni nazionali welfariste stavano cominciando a tentare di “comprare” il movimento di base, nell’intenzione di spostare il dibattito dalla liberazione al protezionismo, nel tentativo di convincere le persone che avrebbero fatto la loro parte sottoscrivendo la loro tessera una volta all’anno ed inviando regolari donazioni per finanziare i loro sempre più alti stipendi. Stavano destabilizzando il movimento di base, forzando la gente alla passività. Ma in fondo era chiaro che il movimento voleva altro.
SHAC USA entrò in azione in fretta e furia. Si disse sin da subito ,a voce alta e con orgoglio, che non avevamo intenzione di farci da parte ed accettare gabbie più grandi, avremmo puntato il dito contro i responsabili reali, contro le loro azioni e la loro crudeltà verso gli animali, non importa quando o dove. Siamo stati entusiasti di andare oltre, sostenere idee e tattiche radicali quando nessuno aveva più voglia di farlo.
Abbiamo creduto nel potere delle persone, nell’organizzazione autonoma ed orizzontale, e soprattutto nel sostenere ogni tipo di strumento di lotta a disposizione per mettere in atto il cambiamento. In pochi mesi siamo riusciti ad ottenere vittorie con un gruppo di base di attivisti volontari che 4 grosse associazioni con dipendenti stipendiati non avevano mai raggiunto. Si è riusciti a catturare i cuori e le menti del movimento e l’attenzione del pubblico, siamo andati avanti senza sosta, spazzando via chi si metteva di mezzo.
PE: SHAC si è focalizzata sulla vivisezione, nello specifico verso un’azienda che lavora per conto di altre per testare prodotti di consumo quali Viagra o pillole dimagranti. Perché la scelta di concentrarsi sulla vivisezione piuttosto che le pellicce, i circhi o sugli orrori delle industrie alimentari ?
JAKE: Ci sono così tante atrocità perpetrate contro la terra, e gli animali, sia umani che non umani, che vivono su di essa. E’ estremamente facile cadere in un modello di lotta secondo il quale si tenta di indirizzarsi su ogni fronte. Ma abbiamo bisogno di saper organizzare la strategia delle nostre campagne e di lottare con intelligenza.
C’era stata una campagna contro HLS sulla fine degli anni ’80, con alcune azioni incredibili, semplicemente non era ben studiata e non è riuscita ad ottenere nulla. La fine degli anni ’90 ha visto però una sorta di “tempesta perfetta” in Inghilterra. Il movimento era riuscito in poco tempo a chiudere l’allevamento di beagles per la vivisezione “Consort Kennels” , L’allevamento di gatti “Hillgrove”, quello di conigli “Regal” e si stava impegnando per chiudere l’allevamento di scimmie “Shamrock” e quello di porcellini d’India “Newchurch”. L’energia era al massimo, le vittorie si susseguivano.
Nel frattempo, Huntingdon era stata messa allo scoperto da due investigazioni sotto copertura in Gran Bretagna e negli Stati Uniti, ed era quasi in bancarotta. Erano un bersaglio enorme, sull’orlo della chiusura, e avevano semplicemente bisogno della spinta giusta per finire nel baratro.
La campagna si presentava come rischiosa, ma era parte di una più ampia strategia globale che si stava dimostrando come estremamente efficace. HLS è la terza azienda mondiale di sperimentazione animale ed era ad un passo dalla bancarotta, messa in ginocchio proprio dal movimento di base. Abbiamo ritenuto che i tempi fossero maturi.
PE: Pensi ancora che la campagna SHAC possa proseguire con successo? Quale pensi che sia la rilevanza della campagna oggi?
JAKE: Martin Luther King Jr. ha detto che l’arco dell’universo è lungo, e tende a piegare verso la giustizia. E per aggiungere una nota in calce di Becky Tarbotton, “a volte non lo vediamo piegare, a volte ci si sente come se fosse piatto. E altre volte si può vedere ad occhio nudo che quell’arco piega verso la giustizia”
Sono ancora convinto che questa campagna possa e voglia arrivare al risultato. SHAC ha subito numerosi colpi da parte della repressione e la struttura ne è uscita indebolita, ma come tutte le cose buone, continua a muoversi in avanti, continua a piegare verso la giustizia. Ci sono ancora in tutto il mondo persone che si attivano nel tentativo di chiudere HLS per sempre, e dobbiamo considerare che il tracollo finanziario di questo laboratorio è ancora in corso.
Credo che l’importanza di questa campagna si espliciti nella tenacia, la passione, e la nostra determinazione, come movimento globale, nell’arrivare alla giustizia, non importa quanto ci voglia. Le tattiche di questa campagna sono state innovative, potenti, sono state e continuano ad essere utilizzate da un ampio spettro di movimenti di tutto il mondo per lottare. Questo elemento da solo ci serve a capire quanto questa campagna sia stata fondamentale e quanto lo sia tutt’ora, a prescindere dal risultato ottenuto.
PE: Come pensi le persone oggi possano rendere il loro attivismo maggiormente efficace?
JAKE: Successi ed efficacia arrivano tenendo bene in mente la nostra storia collettiva, lavorando sodo, dando spazio all’immaginazione, ma sempre avendo presente una strategia che funzioni a lungo termine.
Come attivisti oggi abbiamo ancora l’occasione unica per confrontarci ed imparare da alcuni dei più grandi rivoluzionari dei decenni passati. Queste persone sono ancora qui, anni dopo, desiderose di contribuire con la propria esperienza, di spiegarci i loro errori e raccontarci le loro vittorie. Queste sono opportunità di cui dobbiamo approfittare prima che sia troppo tardi.
Dobbiamo poi capire che stiamo vivendo in una fase storica di crescente oppressione per essere un attivista. Gli obiettivi contro i quali ci battiamo hanno più potere che mai e stanno cercando di silenziarci ed imprigionarci con ogni mezzo a loro disposizione. Va definita una strategia per rispondere ai loro colpi. Dobbiamo renderci conto che alcuni vecchi metodi, le tattiche che usavamo sino a qualche anno fa non funzionano più ed è necessario rompere gli schemi, essere creativi, aggirare gli ostacoli che tentano di porci davanti, per arrivare ad ottenere ciò che vogliamo.
Infine, dobbiamo essere intelligenti. Non possiamo pensare di correre a testa bassa contro un muro senza sosta. Dobbiamo avere la capacità di guardare avanti e pensare a come pianificare i nostri progetti non solo per l’anno dopo, ma per la prossima generazione che verrà dopo di noi. È necessario scandagliare a fondo il nostro modo di agire per arrivare al cambiamento, capire come fare in modo che si trasformi in un percorso duraturo.
PE: Sei ancora impegnato nell’attivismo per gli animali ora che sei uscito dal carcere?
JAKE: Sono ancora impegnato per gli animali, per quanto possa. Attualmente sono al mio terzo ed ultimo anno di libertà vigilata e sono soggetto a numerose condizioni restrittive sulla mia vita privata e su ciò che faccio. Ho restrizioni e controlli sul luogo di residenza, sul mio lavoro e su ogni documento fiscale, vengono tutti controllati dal governo federale. Ho una lista di oltre 30 regole da rispettare, alcune molte specifiche, altre più ampie. Se violo una qualsiasi di queste norme rischio di essere rimesso in prigione in qualsiasi momento. Se su alcuni aspetti i controlli sono piuttosto vaghi, sono particolarmente meticolosi per ciò che riguarda l’attivismo e violare le regole in merito sarebbe un modo sicuro per tornare in prigione.
Tuttavia ho trovato altre vie per essere impegnato, come il supporto ai prigionieri e portare avanti lavoro di sensibilizzazione sugli animali con le persone, dove riesco. Al momento lavoro presso una organizzazione ambientalista no-profit che utilizza l’azione diretta non violenta e campagne di pressione verso grosse aziende per ottenere cambiamenti nelle loro politiche. Vi ho trovato delle similitudini con SHAC sebbene sia molto meno radicale, e manchi l’aspetto della determinazione e dell’aggressività, che in un certo senso ci ha portati a finire dentro.
PE: A quanto pare se vogliamo davvero ottenere dei risultati in ciò che facciamo sembra che nella situazione attuale ognuno di noi debba considerare la concreta possibilità di finire in prigione. Hai dei consigli a riguardo? Cosa ti ha aiutato a superare questo periodo?
JAKE: Sebbene penso sia necessario per le persone oggi essere consapevoli di cosa la repressione stia facendo in tutto il mondo e si debba riflettere su come combatterla, non penso che il carcere sia realmente una possibilità concreta per molti di noi. Se guardiamo alle cose nel loro complesso, ben pochi di noi sono stati effettivamente imprigionati per la quantità di azioni e campagne che ci sono state e che sono in corso. Sfortunatamente il numero di persone dentro le prigioni sta effettivamente aumentando di continuo, ma questo non significa che un giorno o l’altro dobbiamo passarci tutti.
Il caso in cui sono stato coinvolto, gli SHAC7, è stato un esempio perfetto a riguardo. Migliaia di persone soltanto negli USA hanno partecipato, con diversi metodi, alla campagna. Ma solo mezza dozzina di noi sono finiti in un’aula di tribunale. Le statistiche sono a nostro favore. Se fate o farete parte di quella minoranza di noi che deve affrontare il carcere, il mio consiglio è di ascoltare coloro che sono stati, o sono attualmente, rinchiusi. La prigione è davvero un posto come nessun altro, non esiste un altro luogo paragonabile ad un carcere.
Si tratta di un posto pieno di regole assurde, e non esiste un modo per prepararsi davvero a questa esperienza solo sulla base di come gli altri l’hanno vissuta. Prima di andare dentro ho passato le mie giornate scrivendo con amici che erano stati in passato o erano tutt’ora prigionieri politici, chiedendo loro praticamente ogni cosa mi venisse in mente. Ci siamo letteralmente scambiati manoscritti di pagine a riguardo. Ma alla fine niente può davvero renderti pronto per questo tipo di esperienza. In ultima analisi il carcere è un luogo cupo, solitario e deprimente. Ed una delle poche cose che può realmente far sorridere qualcuno dentro, è ricevere una lettera.
Questo è ciò che permette di sopravvivere questo tipo di esperienza. Per questo motivo voglio incoraggiare tutti a consultare uno dei numerosi elenchi di prigionieri politici, e trovare qualcuno a cui vi va di scrivere. Non è necessario scrivere un trattato sulle proprie idee politiche ( molto meglio evitare) , scrivete che cosa avete fatto durante il giorno piuttosto, raccontate del vostro ultimo viaggio, di cosa avete mangiato la sera prima. Inviate una foto o una cartolina. Questo è ciò che rende più sopportabile la giornata di un prigioniero. Trovate il tempo per approfondirne la conoscenza, per aiutare una persona che sta affrontando un momento difficile. Quello che per voi può essere insignificante, come quei 20 minuti passati a scrivere una lettera, può salvare la vita di un’altra persona che in quel momento è in carcere.
PE: In che modo aver ricevuto lo status di “terrorista” ha influenzato la tua vita dopo la condanna? Quale è la tua attuale percezione dell’essere considerato tale da parte del governo?
JAKE: Per chiarezza, nessuno degli SHAC7 ha ricevuto l’aggravante di “terrorismo” in nessuna delle condanne.
Siamo stati tuttavia classificati dal “Bureau of Prisons” come “terroristi domestici”. Durante il periodo in carcere ed ora, con la libertà vigilata, questo tipo di “etichetta” ci ha seguito e non ci ha mai abbandonato.
In prigione questo ha significato avere ogni telefonata monitorata e registrata, avere ogni lettera in entrata ed uscita aperta, letta e fotocopiata, inoltre il numero e durata delle visite esterne è notevolmente ridotto. Ero incluso in una lista di controllo all’interno del carcere sotto la dicitura “detenuto ad alta visibilità”
Venivo considerato uno dei 15 detenuti che, a detta dell’amministrazione, rappresentava una minaccia per la sicurezza della struttura, questo in una popolazione carceraria di circa 1300 detenuti con accuse di omicidio, stupro, rapina a mano armata o di crimini correlati alle attività delle gang.
PE: Ci puoi riassumere le accuse contro di te e quali siano i reati contestati?
JAKE: Kevin Kjonaas, Lauren Gazzola ed io siamo stati giudicati colpevoli di 6 reati, basati sul nostro coinvolgimento diretto e sul riconoscimento di un presunto ruolo di “leader” per la campagna SHAC USA.
Nel complesso i reati contestati erano la violazione della legge del 1934 sulle molestie via telefono, un’accusa di cospirazione per aver violato l’ “Animal Enterprise Protection Act” ( ora chiamato “Animal Enterprise Terrorism Act” – legge speciale creata dal governo americano con l’unico scopo di reprimere il movimento eco-animalista ndr ), un’accusa di cospirazione per commettere stalking a livello federale, e tre accuse di stalking a livello federale.
In sostanza siamo stati giudicati colpevoli di gestire una pagina web che pubblicizzava iniziative, riportava azioni e dibatteva strategie, ci veniva contestato di aver pubblicato report di tali eventi ed azioni dopo che queste erano avvenute ( esattamente come un giornale on-line), di aver condiviso idee e di aver sostenuto tattiche discutibili. Avendo fatto tutto questo via internet si sono virtualmente oltrepassati i confini dello Stato, e siamo entrati in una “cospirazione” con chiunque utilizzasse internet e consultasse il sito. Secondo loro la semplice pubblicazione di testi teorici ed il riportare le azioni fornivano un incoraggiamento per chiunque consultasse il sito ad uscire di casa e ripetere gli stessi gesti.
Si è trattato di un inverosimile (sebbene ben riuscito) tentativo di criminalizzare modi di manifestare determinati , sebbene legali, il supporto di idee radicali e che provocano dibattito come l’azione diretta non violenta, e la condivisione di idee.
PE: Ci puoi parlare del ruolo che la musica e la sottocultura ad essa associata possono avere nell’attivismo per la liberazione animale?
JAKE: La musica ha avuto un ruolo molto influente nella crescita dei movimenti di base radicali. La prima volta che ho sentito parlare del movimento per la liberazione delle persone di colore ed il movimento delle “Black Panthers” è stato dopo aver acquistato l’LP “Fight the Power” dei Public Enemy, quando ero alla scuola media. Ero un ragazzo bianco, cresciuto nella periferia del New England, e non era facile entrare in contatto con idee radicali nelle aule della scuola che frequentavo.
Da lì a poco avrei iniziato ad ascoltare punk ed hardcore, due generi musicali che mi hanno permesso di conoscere la cultura del DIY, la filosofia Straight Edge ed il veganismo. Le band, le fanzines ed i libri che riuscivo a recuperare ai concerti, o nei negozi di dischi indipendenti, riempivano la mia immaginazione di idee appassionanti sul movimento di base, sull’azione diretta, mi hanno fatto capire che non necessitiamo grandi organizzazioni o governi di sorta per mettere in atto il cambiamento che vogliamo vedere nel mondo.
Questo cambiamento è qualcosa che possiamo determinare autonomamente, con le nostre condizioni. Questa non è solo la mia idea, il concetto di autogestione e l’aver approcciato la base teorica dell’azione diretta attraverso la musica eran un fattore comune a 5 delle 6 persone coinvolte nel caso SHAC7, e da famosi attivisti come Rod Coronado o Keith Mann. Grazie al messaggio musicale una intera generazione di ragazzi verso la metà degli anni ’90 è stata introdotta al veganismo, all’attivismo ed all’azione diretta, concetti che avrebbero definito la forma del movimento di liberazione animale.
Per ulteriori informazioni sulla campagna in corso per chiudere HLS potete consultare il sito web di SHAC
http://shac.net/
Per saperne di più sulla repressione del movimento eco animalista in USA e sugli SHAC7
http://www.greenisthenewred.com/
http://www.shac7.com/