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Sabato 1 dicembre: giornata di protesta in occasione della settimana internazionale contro AirFrance – Klm

 

Il ruolo che la compagnia aerea Air France- KLM ricopre a livello internazionale nel supportare logisticamente l’industria della vivisezione è ormai tristemente noto. Il contesto attuale deve farci ulteriormente comprendere l’importanza cruciale della campagna di pressione nei confronti di questa azienda , ed il potenziale impatto  sulla tratta di animali per i laboratori che  una ipotetica vittoria del movimento nei loro confronti potrebbe avere.

Un numero crescente di compagnie aeree ha deciso, sotto pressione della campagna antivivisezionista internazionale “Gateway to Hell” ( Destinazione Inferno),   di non trasportare nelle loro stive animali per la sperimentazione.  Aziende fondamentali  per il rifornimento  di animali ai laboratori come Air Mauritius, Amerijet o Air China hanno ceduto alla determinazione del movimento, e tutt’ora si rifiutano di trasportare animali. Questo ha contribuito a generare un aumento esponenziale dei prezzi, per esempio, di animali come i primati non umani, che devono necessariamente provenire da paesi “produttori” dove vengono catturati nella foresta ed allevati per un massimo di due generazioni in strutture locali.

Va poi precisato che la possibilità di trasporto continuo degli animali è un anello fondamentale anche se si prendono in esame altre specie, ed il perché sono, come spesso accade, i vivisettori stessi a dircelo :

“Se necessitano quello specifico modello animale per un determinato  esperimento, devono avere quel modello. Potrebbe trovarsi dall’altra parte della strada o dall’altra parte del mondo. Ci stiamo muovendo verso un concetto di sperimentazione globalizzata.”

Fonte: “ Lab Animal Flights  Squeezed” – Nature magazine, Settembre 2012

Insomma, un topo non vale l’altro. Ogni centro di allevamento sviluppa “modelli” unici ( ormai larga parte degli animali allevati per la ricerca sono geneticamente modificati a seconda delle esigenze di mercato), per questo motivo un laboratorio di ricerca del nord Europa potrebbe benissimo aver bisogno di un modello di topo allevato alla Harlan di Correzzana in Italia , e non potrebbe sostituire quell’animale con un altro allevato in un centro più vicino, perché si tratterebbe di modelli non identici e quindi non validi.

Al momento Air France – Klm è la più grande azienda aerea coinvolta nel trasporto di animali per la vivisezione e, soprattutto, dopo la decisione di Air Mauritius di non esportare più primati dalle isole Mauritius,  Air France – Klm è rimasto l’unico veicolo per trasportare le scimmie dalle Mauritius ( uno dei principali “produttori” mondiali di macachi, specie di primate non umano largamente utilizzata nei laboratori) ai laboratori di vivisezione.

Ogni anno 10’000 scimmie sono esportate dagli allevamenti presenti sull’isola verso centri di tortura in tutto il mondo.  Questi  animali vengono brutalmente catturati all’interno del loro habitat naturale per essere imprigionati all’interno di strutture come l’allevamento Noveprim, di proprietà della multinazionale della vivisezione Covance Inc, venire stipati all’interno di gabbie dove affronteranno un viaggio interminabile, saranno sottoposti a numerose fonti di stress e malessere all’interno delle stive di aerei Air France, per raggiungere lo stabilimento spagnolo della Noveprim  ed infine venire trasportati via terra verso i laboratori dove verranno torturati ed uccisi.

Guarda cosa accade all’interno dei laboratori Covance di Munster, in Germania a questo link

Recentamente l’associazione inglese BUAV ( British Union Against Vivisection) ha diffuso una serie di immagini e di video che confermano il massacro di primati all’interno dello stabilimento Noveprim sull’isola di Mauritius. La ragione per la quale un numero imprecisato di macachi viene ucciso è il loro peso: sembra infatti che per essere vendibili a fine di ricerca questi animali non possano pesare più di 3,5 kg. Tutti gli esemplari di dimensioni maggiori vengono uccisi, attraverso iniezione letale, ed i loro corpi ammassati in secchi come rifiuti. Si tratta di animali sani che potrebbero essere reintrodotti in natura senza alcun problema, ma a quanto pare per aziende come Noveprim l’uccisione di massa sembra essere una soluzione più funzionale e profittevole.

Air France ha sempre giustificato la propria determinazione nel continuare a trasportare animali dichiarando che monitorano continuamente le strutture di allevamento che forniscono gli esemplari e che tutti gli allevamenti rispettano le normative vigenti sul benessere animale, viene spontaneo chiedersi quindi come possano giustificare le immagini provenienti dalle Mauritius e cosa abbiano da dire a riguardo.

L’ intera galleria di immagini ottenute dalla BUAV all’interno della struttura Noveprim sulle isole Mauritius è visionabile qui

La verità è che Air France – Klm è pienamente consapevole del fatto che la tratta di animali per i laboratori sia una pratica inaccettabile, ingiustificabile e con larga opposizione, ma sino a questo momento i profitti che riesce a ricavarne sono tali da voler persistere nel fare affari con l’industria della vivisezione.

È bene che capiscano che sino a quando trasporteranno esseri senzienti come oggetti nelle stive dei loro aerei per lucro, ci saranno persone determinate nel volerli fermare.

 

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Partecipa alla giornata di mobilitazione a Genova, in occasione della settimana internazionale contro Air France- Klm dall’1 all’8 dicembre !

 SABATO 1 DICEMBRE 2012

– Dalle ore 11:00 alle ore 13:30 – Protesta all’aeroporto C.Colombo.

** Saremo davanti ai cancelli delle partenze per informare le persone in partenza con il volo Air France- Klm per Parigi sul vero volto di questa azienda.

 

– Dalle 15:00 alle 19:00 – Presidio informativo in via San Lorenzo, Genova.

** Passeremo l’intero pomeriggio per le strade del centro cittadino, al fine di informare, con la proiezione di video e materiale cartaceo, i passanti sulla realtà dei laboratori ed il ruolo di AirFrance-Klm nell’industria della vivisezione, per fare in modo che le grida degli animali prigionieri non restino inascoltate.

 

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Liberazione Animale Genova è un gruppo che si batte per la liberazione di ogni essere vivente, si tratti di animali umani o non umani, dall’oppressione e dalla discriminazione. Una lotta per la liberazione animale non può che essere lotta politica. Politica intesa come gestione consapevole ed autonoma del vivere comune e non come politica dei partiti e delle istituzioni, della quale nulla ci importa.

Per questa ragione chiunque non si riconosca nei nostri contenuti e manifesti idee o atteggiamenti fascisti, razzisti, sessisti, omofobi ed autoritari, ovvero esponga simboli e sigle riconducibili a tali idee, non sarà accettato /a alle nostre iniziative.

 

Posted in attivismo, liberazione animale.


Intervista di LAGenova con un attivista turco del gruppo “Freedom to earth – Libertà alla terra”

Qualche tempo fa abbiamo pubblicato su questo blog il report di una protesta organizzata da diversi gruppi ed associazioni ecologiste ed animaliste in occasione della fiera della pelle e delle pellicce di Istanbul, in Turchia, una delle organizzazioni coinvolte nell’iniziativa era “Freedom to Earth – Libertà alla terra”.

Abbiamo voluto parlare di una protesta come questa per evidenziare il fatto che anche in contesti sociali e culturali non pienamente riconducibili al modello occidentale iniziano a svilupparsi ed affermarsi movimenti di lotta ecologista o antispecista, le cui modalità ed i cui contenuti spesso presentano caratteristiche peculiari e con i quali pensiamo sia fondamentale confrontarsi e conoscersi.

In occasione del corteo del 1 maggio ad Istanbul numerose realtà anticapitaliste e libertarie si sono incontrate in strada, durante la marcia sono stati attaccati alcuni simboli dello sfruttamento quali banche, ristoranti Mac Donalds o punti vendita di grosse multinazionali. Il 15 maggio la polizia turca ha fatto irruzione nelle prime ore del mattino nelle case di numerosi attivisti /e, impegnati /e  in movimenti e lotte diverse, arrestandone 48. Tra loro molte persone impegnate nel movimento di liberazione animale, alcuni /e facenti parte del gruppo “Freedom to Earth”.

Per saperne di più sulla attuale situazione repressiva,  ma anche per avere una prospettiva generale del movimento di liberazione in Turchia e della sua storia, abbiamo pensato di intervistare un attivista di “Freedom to Earth” conosciuto quest’estate in giro per l’Europa.

Quella che segue è la traduzione di questa breve chiacchierata.

 

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1)      Potresti introdurre il vostro collettivo, “Freedom to Earth”?  Se ho capito correttamente la vostra intenzione è di non concentrare la vostra azione su una specifica problematica, ma di abbracciare la lotta per la liberazione in modo più ampio, a cominciare dalla scelta del nome, dove si evita volontariamente la parola “diritti” in favore della parola “libertà”. Avete alcuni progetti di cui vuoi parlarci in questo momento?

 

Hai ben interpretato le nostre intenzioni. Abbiamo scelto “libertà” piuttosto che “diritti”,  in quanto riteniamo che il discorso che riguarda i “diritti” sia piuttosto problematico, soprattutto in quanto questo tipo di concetto è facilmente frainteso e la parola viene usata anche dalle autorità stesse, in alcuni casi. La libertà è un concetto che coincide con il fatto stesso di essere nati /e, ed è innegabile. Inoltre, sempre riguardo al nostro nome, vorrei precisare che sebbene concentriamo la nostra attenzione sulla questione animale, non abbiamo incluso la parola “animale” volutamente nel nome del gruppo. “Freedom to Earth – Libertà per la Terra” per noi include il tutto. Immaginiamo un mondo in cui tutti gli animali non umani siano liberi, ma in cui sessismo e razzismo ancora dominino, insieme al capitalismo stesso. La nostra missione sarebbe lontana dall’essere completa. Per questa ragione desideriamo la libertà non solo per gli animali, ma per il pianeta. Vogliamo semplicemente eradicare ogni forma di schiavitù dalla Terra, per questo pensiamo sia necessario indirizzare la lotta verso ogni tipo di oppressore, in una comprensione sistematica del problema.

Per quanto riguarda ciò che facciamo, oltre ad attività di supporto ad altre realtà come lo scrivere testi e comunicati stampa solidali verso gruppi che si occupano di tematiche quali lo sfruttamento minorile,  l’utilizzo di energia nucleare piuttosto che gli assassinii di persone trans e la partecipazione a manifestazioni organizzate da altri gruppi libertari, organizziamo anche presidi, azioni in strada, demo e tavoli informativi su tematiche correlate alla liberazione animale,  quindi circhi, pellicce / pelle, sul consumo di carne o sulla vivisezione. Per il momento non ci occupiamo di randagismo in quanto è una tematica largamente trattata da altre associazioni.

Ci interessa parlare di ciò che non viene detto. Vogliamo mostrare alle persone la realtà nascosta all’interno degli allevamenti, dei macelli, dei circhi. Due investigazioni hanno rivelato recentemente cosa accade  all’interno dei macelli turchi, luoghi che per anni hanno operato nell’assoluto anonimato. Come gruppo non abbiamo ancora una attività di recupero diretto degli animali dai luoghi di sfruttamento, ma ci teniamo a parlare del nostro approccio abolizionista ogni volta che ne abbiamo la possibilità, durante i tavoli informativi, interviste con i media o nei nostri comunicati. Onestamente non abbiamo in questo momento grossi progetti, l’unica attività costante sono i presidi informativi che teniamo nei pressi delle università sullo specismo in generale, e sugli OGM. Dopo gli arresti del 1 maggio non abbiamo più organizzato manifestazioni pubbliche.

 

2)      Abbiamo appreso della rivolta avvenuta ad Instanbul durante le manifestazioni per il 1 maggio e della repressione che ha in seguito colpito il movimento in Turchia. Puoi spiegarci un po’ meglio come sono andate le cose?  Riguardo alle persone arrestate: quanti compagni /e sono ancora rinchiusi /e? Quali sono le accuse contro di loro e come interpreti la situazione repressiva generale in Turchia al momento? Ritieni vi sia supporto organizzato per gli /le attivisti /e in previsione del processo?

Freedom to Earth” ha partecipato alla manifestazione del 1 Maggio 2012 nel blocco anarchico. La chiamata era stata lanciata per ogni gruppo/individuo ostile al sistema. Davvero molteplici approcci ed idee si sono incontrate in questo corteo, dalle femministe agli antiproibizionisti. Non conoscevamo moltissimi di questi gruppi, ma è stato soddisfacente vedere così tante persone “arrabbiate” convergere in questa manifestazione. Durante il corteo verso Taksim Square ( la piazza principale di Istanbul) alcuni /e  hanno dato sfogo alla propria rabbia contro alcune catene multinazionali come Starbucks e McDonalds, contro banche e simboli dello stato, uffici postali e fermate dei mezzi di trasporto. Secondo i media istituzionali oltre 21 luoghi sono stati attaccati. Le uniche cose realmente accadute sono stati danneggiamenti di vetrine, bancomat e telecamere. Nessuna persona è stata ferita o attaccata, ma i media hanno presentato queste azioni ingigantendole. La polizia non è intervenuta, si sono limitati a filmare tutto da un elicottero. 14 giorni dopo  molti dei/ delle partecipanti sono stati arrestati /e nelle prime ore del mattino. Le loro case sono state perquisite, molti gli oggetti sequestrati.

Durante gli interrogatori la polizia non ha risparmiato domande idiote, tentando di dimostrare  qualche interconnessione tra “Freedom to Earth” e l’ALF.  Ci chiedevano perché siamo vegan, perché alcuni di noi supportano il movimento di liberazione curdo, perché lottiamo contro le centrali idroelettriche o le centrali nucleari…ma la domanda più esilarante era in riguardo alla nostra protesta alla “fiera curda”, come se una tale cosa potesse esistere!  In turco, curdo si dice “Kürt” mentre pelliccia si dice “kürk”. La polizia ha inteso la nostra protesta contro la fiera della pelliccia come una protesta per la liberazione curda! Ad alcuni individui vegan è stato negato un vitto appropriato, mentre altri /e vegetariani /e sono riusciti ad ottenere cibo.  Nei giorni seguenti molte persone sono state rilasciate, ma 15 delle 48 arrestate sono rimaste dentro per 3 mesi. Abbiamo organizzato numerose proteste e concerti solidali. Le famiglie dei detenuti e delle detenute hanno creato un coordinamento di supporto per i/le prigionieri /e del 1 maggio.

Al momento anche  le ultime 15 persone sono state rilasciate, ma tutti /e  e 48 sono in libertà condizionata, in attesa di processo. Per semplicità queste persone sono state riconosciute come parte del blocco anarchico, ma va precisato che molte di loro non si conoscevano prima, e si sono incontrate per la prima volta in carcere, e le loro posizioni politiche sono piuttosto eterogenee. Alcune sono vegan , altre mangiano carne. Alcune di loro si definiscono primitiviste, altre individualiste, altre ancora post-strutturaliste…

Nessuno è ora in carcere, quindi, in relazione ai fatti del 1 maggio, ma  gli /le imputati /e sono stati rilasciati /e con precise imputazioni secondo le quali tutte e 48 le persone fanno parte dello stesso gruppo, chiamato Revolutionary Anarchist Action ( DAF), il che è assolutamente falso. Si tratta di un gruppo di Instanbul, che non era presente durante il corteo del 1 maggio. Le imputazioni precisano comunque che per gli investigatori tutte e 48 le persone sono considerate anarchici ed anarchiche.  Tutte le  persone coinvolte  saranno processate per danneggiamento, danneggiamento a proprietà pubblica e per manifestazione non autorizzata. Chiaramente l’opinione pubblica ha una idea già precisa a riguardo, considerando ideali che rigettano l’istituzione della famiglia o dio come un crimine di per se,  e si operano continue generalizzazioni. È ridicolo persino pensare che tutte e 48 le persone possano essere state coinvolte nei crimini contestati, alcune di loro neanche erano presenti nel corteo del 1 maggio. Una di loro è una ragazza che al momento è in cinta di 8 mesi, la vogliono processare solo perché compagna di un anarchico presente al corteo. Il processo si terrà il 25 gennaio 2013. Il supporto internazionale sarà assolutamente necessario in preparazione al processo, ma pensiamo sia importante dire che non tutte queste persone fanno parte del nostro gruppo, “Freedom to Earth“,  crediamo che però tutte le persone coinvolte si riconoscano in modi diversi nell’anarchismo come principio politico e siano impegnate nelle diverse lotte di liberazione.

3)      Abbiamo visto le immagini di una protesta organizzata dal vostro gruppo “Freedom to Earth”insieme ad altre realtà, contro la fiera della pelle e della pelliccia, il 17 gennaio ad Istanbul. Sfortunatamente non è molto comune vedere persone che da diverse lotte di liberazione convergono in una mobilitazione contro lo sfruttamento animale: succede spesso in Turchia? Era già accaduto che il vostro gruppo co-operasse con altri gruppi od individui per manifestazioni o campagne che concentrano l’attenzione su una problematica specifica?

Si, abbiamo marciato insieme ad altri /e attivisti /e per la liberazione animale, welfaristi /e e anarchici /he, al gruppo “Rhytms of Resistance”  ed al progetto “Ergene” ( un gruppo fondato per proteggere il fiume Ergene dalla contaminazione industriale) in occasione della protesta contro la fiera Internazionale della pelle e della pelliccia il 17 gennaio 2012. Il nostro obiettivo ultimo è di poter riunire differenti realtà contro diversi tipi di sfruttamento. Sin dall’inizio abbiamo cercato di partecipare a diverse iniziative con gruppi ecologisti, antirazzisti, femministi o che si occupano di tematiche LGTB.  Sebbene pensiamo le nostre iniziative siano la ragione principale per cui differenti gruppi hanno deciso di fare proprie istanze animaliste, possiamo dire che è abbastanza comune che diverse realtà anarchiche / emancipatorie decidano di lavorare insieme. Lo stesso vale per la sinistra istituzionale, i sindacati marciano spesso con gli studenti o con partiti di sinistra. Quello che non accade mai è che queste realtà filo istituzionali decidano di scendere in piazza con gli anarchici, per questa ragione non abbiamo nessun contatto al momento con gruppi marxisti o socialisti.

 

4)      Potresti farci una breve panoramica sullo sviluppo e la storia del movimento di liberazione animale in Turchia? Esistono molte realtà che si interessano a questa tematica?  Lo sfruttamento animale è un argomento dibattuto nella società turca e se si, da quando?  Esiste una parte del movimento occupata nel supportare la causa attraverso l’azione diretta?

A dire la verità in Turchia la liberazione animale è un argomento piuttosto nuovo. Il movimento radicale è nato circa 10 anni fa quando alcuni /e  attivisti /e animalisti, anarchici /e e primitivisti /e hanno iniziato a tradurre alcuni articoli su questa tematica scritti all’estero. In quegli anni si sono anche visti i primi timidi tentativi di produrre delle fanzine cartacee.

Se vogliamo parlare della tematica dello sfruttamento animale in Turchia in maniera più ampia, il soggetto è stato trattato per la prima volta da alcune grosse associazioni protezioniste, gruppi di “amanti degli animali”. La prima associazione animalista protezionista è stata fondata in Turchia nel 1924, ed esiste tuttora. Sappiamo che utilizzavano ancora camere a gas nei canili negli anni ’70  ed ’80 per l’uccisione dei randagi, dove venivano impiegati persino vapori di acqua ossigenata o di detergenti chimici per soffocare gli animali. L’approccio di questa associazione non è mai cambiato, ma oggi non riescono a far passare queste cose facilmente come in passato. Dopo questa associazione terribile , ne sono nate altre tre in Turchia prima degli anni ’90. Di norma si trattava di organizzazioni che si occupavano esclusivamente di randagismo e invitavano le istituzioni ad utilizzare metodi di soppressione degli animali più “umani”. Per esempio, uno dei presidenti di queste associazioni nei primi anni ’90 rilasciò alcune interviste sui media dove disse chiaramente : “ le autorità locali uccidono questi animali, gli sparano per strada. Se vogliono farlo, dovrebbero fare questo lavoro in modo più civile, perché esporre così palesemente la società a questo tipo di violenza la danneggia nel profondo”. Chiaramente si tratta di un approccio protezionista che non pensiamo possa fare nulla di positivo per gli animali né garantire loro maggiori diritti. Ma fu sempre una di queste associazioni che per la prima volta richiamò l’attenzione su altre forme di sfruttamento degli animali. A partire dai primi anni ’90 iniziarono ad organizzare diverse conferenze e dibattiti sugli animali “da reddito”,  per la prima volta si parlò di sperimentazione animale. Con questa associazione iniziò a passare un messaggio diverso: gli animali non sono cose.

Se pensiamo alla situazione sociale turca è molto difficile, tutt’oggi, riuscire a parlare di queste tematiche con un approccio non protezionista. In generale possiamo dire che tutte le grosse organizzazioni di questo stampo sono marcatamente riformiste e dall’approccio apertamente protezionista. Si tratta di persone che provengono solitamente da classi sociali agiate, senza alcuna consapevolezza politica. Per quello che ci riguarda è impensabile pensare la liberazione animale in un’ottica apolitica, l’abuso animale è una questione politica come lo sono altri aspetti tristemente presenti nella società turca come gli omicidi di persone trans, gli omicidi “d’onore” e i casi di abuso sessuale.

Al momento in Turchia ci sono numerosissime associazioni che in modo diverso parlano di diritti animali, ma tutte o quasi supportano apertamente il governo e la politica istituzionale. Per esempio la Animal Rights Federation (Federazione per i Diritti Animali), nata nel 2008. Lavorano con ministri, amministrazioni cittadine ed organizzazioni ufficiali. La loro attività consiste nell’inviare petizioni ai vari ministeri, le loro ragioni sono per noi incomprensibili, i loro argomenti sono fortemente antropocentrici. Se ti interessa parlare di animali, devi farlo mettendo al centro della questione questi ultimi, ma per associazioni di questo tipo è sempre l’essere umano il perno attorno al quale discorrere. Perché chiaramente lo stato ed i governi non faranno mai gli interessi degli animali, ma solo i propri. Nel 2011 la Animal Rights Federation in Turchia ha firmato un accordo di partnership con la municipalità metropolitana di Istanbul , responsabile del massacro di migliaia di animali randagi. Hanno organizzato una conferenza stampa dove diverse personalità pubbliche, artisti, leader religiosi di diverse religioni, ministri e sindaci sono andate a visitare le loro strutture per pubblicizzarle, quando solo nel loro canile di Istanbul 70 cuccioli sono stati uccisi da questa amministrazione comunale. Tutto ciò che fanno è condannare i cani a morte certa. Noi non ce ne dimentichiamo. Non vediamo come una persona che lotta per gli animali possa lavorare con coloro che commettono un simile genocidio. Ovviamente abbiamo deciso di protestare questa conferenza stampa che tentava di discolpare l’amministrazione comunale di Istanbul dalle sue responsabilità, e dove, per altro, come buffet erano serviti numerosi cadaveri di animali.

Per quanto riguarda la legislazione: vi sono alcune leggi e regolamenti per il “benessere animale” ad esempio regole sul processo di macellazione; come sopprimere un animale malato o dopo un esperimento, se parliamo di vivisezione. Esiste anche una legge chiamata specificatamente legge per la protezione degli animali, dove è scritto che ogni randagio andrebbe sterilizzato, per esempio. Si tratta di legislazioni nate sotto la pressione di lobby delle associazioni protezioniste, ed essenzialmente si tratta di diversi modi per uccidere gli animali. Questa legge per la protezione animale è entrata in vigore nel 2004, dopo di che le amministrazioni comunali hanno iniziato ad offrirsi di gestire il processo di sterilizzazione, con centinaia di animali che continuano a morire sui tavoli operatori a causa di operazioni grossolane con strumenti inadatti. Ma i protezionisti hanno potuto cantare vittoria, i randagi non erano ufficialmente più soppressi. La realtà  è che da 8 anni gli animali continuano a morire comunque, dietro  le porte dei loro canili.

I media continuano a coprire le reali informazioni con la loro propaganda: il Ministero dell’Ambiente installerà oltre 60.000 abbeveratoi in strada per i randagi, il Primo Ministro ha annunciato che una migliore legislazione verrà proposta e via dicendo. Ma se parliamo della realtà delle cose, i media non riportano ciò che davvero accade, ed il pubblico non è incline a reperire informazioni reali se questo significa vedere scene poco piacevoli. In fondo accade spesso anche con persone a noi vicine, quando tentiamo di mostrare loro cosa accade nei luoghi dello sfruttamento animale si rifiutano di voler guardare dicendo che quelle scene li rattristano, ma comunque nessuno di loro decide di cambiare la propria vita.  In Turchia anche grazie ai nostri sforzi la liberazione animale ha iniziato a divenire un argomento pubblicamente dibattuto. Ma si tratta di una tematica decisamente nuova per la Turchia, persino per molti /e attivisti /e confrontarsi con lo sfruttamento animale in una società come quella turca è scoraggiante, pensare di poter cambiare lo stato delle cose è percepito come qualcosa di utopico, e non riescono a rendere prioritaria la lotta per la liberazione animale ed impegnarsi realmente in essa.

A volte ci è capitato di avere notizie di azioni illegali. Sappiamo che alcuni gruppi hanno attaccato dei canili, aprendone le porte e danneggiandone gli interni. Alcuni amici ci hanno riferito di aver visto colonie di ratti bianchi in una foresta negli anni ‘90, non sappiamo come possano esserci arrivati. Va precisato che in Turchia esiste una atmosfera repressiva inimmaginabile.  Abbiamo centinaia di dissidenti politici rinchiusi nelle prigioni turche, le persone non se la sentono di rischiare pene carcerarie. Noi pensiamo si debbano iniziare a considerare nuove strategie, ma rimane difficile in questo contesto.  Da circa 6-7 anni  alcuni gruppi hanno deciso di protestare in modo più deciso in occasione di battute di caccia, fiere dove si vendono pellicce o circhi. Questo qualche tempo fa non accadeva, le associazioni non organizzavano proteste di questo stampo.  Ci si concentrava esclusivamente sul problema del randagismo, ora inizia ad esserci una nuova sensibilità e percezione della problematica in Turchia, vedremo come questa tendenza si svilupperà in futuro.  Da circa 2 anni inoltre esiste un progetto per mostrare la crudeltà animale in Turchia chiamato “Record the Cruelty” ( http://zulmugoruntule.wordpress.com/ ). Si tratta di un sito aperto dove chiunque abbia a disposizione video o foto può inviarle ai gestori dello spazio ed avere il proprio contributo pubblicato. Tra le altre cose hanno pubblicato due investigazioni sotto copertura all’interno di macelli turchi. Purtroppo nessuno è davvero interessato a questo progetto, crediamo per timore che le autorità individuino le persone che pubblicano il materiale, nessuno ha voglia di andare a processo per un sito. Ma pensiamo sia fondamentale mostrare cosa accade agli animali, anche in Turchia. Come gruppo non abbiamo abbastanza materiale da pubblicare, foto  e video. Quando organizziamo una protesta o un evento le persone ci chiedono continuamente di poter vedere materiale recente proveniente dalla Turchia, è nostra intenzione in futuro reperire più materiale e mostrarlo al pubblico.

5)      Potresti parlarci brevemente del movimento di liberazione curdo? Questa problematica è in qualche modo sentita nella società turca e nel movimento libertario turco?

Sarò breve riguardo a questo in quanto è un argomento largamente dibattuto, se ne parla spesso anche su media internazionali, a differenza della questione animale in Turchia: alcuni recenti arresti di militanti del KCK ( Koma Civakên Kurdistan – unione delle comunità curde ,organizzazione che si batte per l’indipendenza e l’autonomia del popolo curdo rispetto allo stato turco ndr) hanno favorito un aumento della tensione e dei conflitti armati tra gruppi curdi e l’esercito turco. Non è logico? Quando uno stato decide di mettere in prigione giornalisti se sono sospettati di avere simpatia per il movimento indipendentista curdo, penso sia sensato aspettarsi che la violenza aumenti, da ambo due le parti. Questa estate verrà ricordata come la più sanguinosa da anni. Ci sono stati numerosi attacchi nella parte occidentale della Turchia. I curdi al momento domandano di poter studiare nella loro lingua ed amministrare la loro regione autonomamente. Il Primo Ministro turco ha dichiarato che rendere il curdo una lingua a scelta nelle scuole dovrebbe bastare ai curdi. Sebbene il movimento curdo ed il movimento anarchico e libertario turco abbiano radici molto diverse, sono solidali tra loro.

6)      A livello internazionale il movimento di liberazione animale ha recentemente visto un cambiamento nelle strategie e nei contenuti di diversi gruppi: se fino a qualche anno fa l’obiettivo  era fermare, attraverso campagne di pressione ed azione diretta, istituzioni o aziende responsabili dello sfruttamento animale, mentre ora molte realtà hanno abbracciato un approccio abolizionista, focalizzando la propria azione nella ricerca del supporto pubblico attraverso la circolazione di video ed immagini che mostrano la realtà di luoghi come allevamenti e macelli. Questo ha in alcuni casi generato una sorta di divisione tra coloro che si pongono come obiettivo la liberazione animale in senso assoluto, ed altri che pensano che questa condizione non sarà mai raggiunta e si battono per ottenere migliori diritti per gli animali all’interno di questa società. Hai qualche riflessione da offrire a riguardo?

Una reale società democratica può considerarsi l’obiettivo di una lotta che si basa e riconosce il concetto di diritto, ma non possiamo includere la lotta per la liberazione totale in questa categoria.  Nonostante questa considerazione, pensiamo comunque che le lotte parziali restino elementi importanti che ci danno la possibilità di realizzare risultati concreti, anche in società come questa.

Quando governi oppressivi orientati secondo la dittatura della maggioranza ( sistema che contiene, già al suo interno, un orientamento patriarcale e di oppressione della minoranza, che deve sottostare alle decisioni di altri) definiscono sé stessi come democratici, la “società democratica” non può considerarsi una reale alternativa. Viviamo in un contesto in cui la nozione stessa di democrazia è parziale, questa parola ha perso la sua legittimazione nel momento in cui il singolo ha iniziato a definirne il senso a seconda del proprio interesse. Al di fuori di essa esiste la libertà, il contesto in cui nessuno decide per nessuno.

Vogliamo precisare che  una reale libertà sociale sarà realizzabile solo quando la situazione storica, sociale e culturale avrà superato l’antropocentrismo, che afferma sé stesso nella supremazia dell’uomo sulle altre specie.  Non vivremo mai in una società libera sino a quando non avremo abbattuto l’ultimo macello. Ognuno di noi è uno schiavo ed un ipocrita se pensa che sia possibile essere veramente liberi coesistendo in un sistema gerarchico ed oppressivo verso le altre specie. Chiaramente non possiamo non rallegrarci anche per piccoli e relativi miglioramenti ottenuti nella condizione degli animali in questa società, ma rimane un discorso a parte rispetto alla lotta per la liberazione reale degli animali stessi.

Riteniamo che  non si possa lottare per  obiettivi limitati, se è la liberazione ad interessarci. Per esempio non possiamo accettare di lavorare per ottenere migliori condizioni di macellazione per gli animali “sacrificati” ( nelle nazioni musulmane esiste una giornata di festa in cui una pecora o una mucca viene macellata e la carne viene data a persone povere) dopo aver affermato chiaramente che  il “Giorno del sacrificio” è un massacro.  Il concetto  di benessere che la società offre è basato sull’assunzione che la schiavitù sia inevitabile ( in larga parte schiavitù animale), questo è qualcosa con cui la nostra lotta non può avere nulla a che fare.

 

 

 

 

Posted in ecologismo, liberazione animale.


Il progetto di sterminio dello scoiattolo grigio al Festival della Scienza di Genova – partecipa alla protesta!

Il Festival della Scienza è un evento che viene organizzato ogni anno in novembre  a Genova, che grossi nomi del panorama scientifico europeo utilizzano  come vetrina nella quale presentare il proprio lavoro. Ricercatori che operano, per esempio,  nel campo delle nano e bio tecnologie,  il cui disastroso potenziale inizia a essere conosciuto da molte persone, o vivisettori che praticano e difendono la sperimentazione animale, hanno la possibilità di dare alla loro propaganda scientifica una cassa di risonanza internazionale.

Non stupisce quindi la scelta di quest’ anno dell’organizzazione del festival di organizzare una conferenza dal titolo “Scoiattoli da salvare”, paradossalmente però, non si parlerà di come salvare animali, ma di come sterminarne altri. I relatori avranno infatti la possibilità di offrire una giustificazione ufficiale al progetto di  eradicazione dal territorio nazionale dello scoiattolo grigio, questo perché, a loro dire, rappresenterebbe una minaccia per la biodiversità in quanto responsabile della progressiva sparizione dello scoiattolo rosso,  specie di scoiattolo nostrano, ed un rischio per l’ecosistema.

Progetto che purtroppo ha iniziato ad essere messo in pratica in questi giorni nei boschi dell’ Umbria, e che dovrebbe in un secondo momento essere applicato in Liguria, Piemonte e Lombardia.

Quello che non ci dicono?

– Per esempio che lo scoiattolo rosso NON è una specie a rischio (http://www.scoiattologrigio.org/rischio.html)

– che esistono interessi economici che, se non altro, giustificano un legittimo dubbio sulle intenzioni dei provetti sterminatori  (http://www.scoiattologrigio.org/interessi.html)

– che i presunti danni all’ecosistema siano lungi dall’essere dimostrabili (http://www.scoiattologrigio.org/danni.html)

– che le autorità hanno definito precisi piani propagandistici per istruire il pubblico alla diffidenza per lo scoiattolo grigio, senza citare nello specifico nessuna ragione per cui razionalmente questo possa essere giustificabile (http://www.scoiattologrigio.org/propaganda.html)

– che i metodi di uccisione previsti sono il soffocamento in camere a gas, proprio come accade ai visoni all’interno degli allevamenti di animali da pelliccia o la “dislocazione cervicale”, ossia spezzando agli animali l’osso del collo.

Numerose altre informazioni possono essere reperite sul sito che un attivista genovese ha pazientemente e meticolosamente redatto, per fornire un dossier di contro informazione utile a confutare le informazioni diffuse da media ed istituzioni riguardo allo scoiattolo grigio, ed ai piani in serbo sulla sua eradicazione dal territorio: www.scoiattologrigio.org

 

Vi Invitiamo a partecipare ad una protesta via email, per far sapere ad organizzatrici ed organizzatori del festival cosa pensiamo della conferenza “Scoiattoli da salvare”  e del piano di eradicazione  dello scoiattolo grigio.

 

 

Lettera tipo:

 

Spettabile Organizzazione del Festival della Scienza 2012 / Spettabile Ufficio Stampa Festival della Scienza 2012,

Vi scrivo per esprimere il mio sdegno e disappunto riguardo alla Vs. scelta di includere nel programma di quest’anno la conferenza dal titolo “Scoiattoli da salvare”, che verrà riproposta ben 4 volte nel corso del festival.

Questa conferenza è chiaramente atta, sebbene quanto pubblicizzato nel programma non lo dia esplicitamente ad intendere, a giustificare i piani di abbattimento dello scoiattolo grigio in Italia, progetti che riguardano le regioni Liguria, Piemonte, Lombardia ed Umbria, regione, quest’ultima, che ha per prima deciso di dare inizio alle uccisioni.

Le motivazioni presentate per giustificare un tale massacro sono sempre le stesse: minaccia alla biodiversità e rischi per l’ecosistema locale. Rischi che, a quanto sostenuto da alcuni relatori della conferenza da voi proposta, sarebbero ormai cosa certa ed inconfutabile.

Sebbene sono convinto che, anche provando oltre ogni ragionevole dubbio che questi rischi siano reali e concreti, non sia accettabile pianificare una mattanza sistematica di questo genere, vorrei  sottolineare che esistono innumerevoli ragioni per dubitare che lo scoiattolo grigio sia effettivamente una minaccia per lo scoiattolo rosso ( specie, per altro, NON a rischio) e per l’ecosistema italiano. Ragioni espresse nel dettaglio sul sito www.scoiattologrigio.org, che vi invito a consultare.

Vorrei inoltre evidenziare il paradosso che vede tra i promotori della vostra iniziativa la Associazione Nazionale Musei Scientifici, Orti Botanici, Giardini Zoologici e Acquari. Gli zoo e gli acquari sono quanto di più lontano possa esistere da una reale salvaguardia della fauna e dell’ecosistema, essendo null’altro che aziende che imprigionano animali per profitto con la scusante di voler proteggere alcune specie a rischio: se una specie non esiste più in natura, ma solo all’interno della gabbia di uno zoo, quella specie purtroppo è già estinta.

Non penso sia accettabile questo tentativo di mascherare la verità sul progetto di sterminio dello scoiattolo grigio in Italia , che  ritengo giustificato principalmente da motivazioni di carattere economico,  attraverso il Festival della Scienza da voi promosso. Per questa ragione boicotterò l’iniziativa ed informerò tutti coloro che conosco a riguardo, invitandoli a fare lo stesso.

 

Blocco mail:

 

Contatti del Festival

info@festivalscienza.it, sito@festivalscienza.it, scuole@festivalscienza.it, amici@festivalscienza.it,

Ufficio stampa

ufficiostampa@exlibris.it, c.novella@exlibris.it, c.pepe@exlibris.it, e.carlone@exlibris.it,

Consiglio di Amministrazione della Associazione Festival della Scienza

manuela.arata@cnr.it , albert@unige.it, annamaria.dagnino@provincia.genova.it, malaguti@iasfbo.inaf.it, pponta@confindustria.ge.it , asssaperi@comune.genova.it, squarcia@fisica.unige.it, squarcia@ge.infn.it, roberto.timossi@cna.ge.it, fulvia.mangili@festivalscienza.it

segreteria@studioarmella.com  questa mail va utilizzata per uno dei membri del CDA dell’Associazione Festival della Scienza di cui non abbiamo un indirizzo personale, se si desidera inviare una mail a questo indirizzo specificare nell’oggetto : “ Att. Ne Sig.ra Armella Sara”

Relatori della conferenza  “Scoiattoli da salvare”

albert@dipteris.unige.it,  balduzzi@dipteris.unige.it, sandro.bertolino@unito.it,  Adriano.Martinoli@uninsubria.it, eugeniomanghi@alice.it, grillaio@tin.it

Posted in attivismo, liberazione animale.


Savona – anziana a rischio di ricovero coatto per aver cibato dei piccioni

In una società sempre più  alienata ed ostile verso quelle manifestazioni di umanità che ancora, timidamente, tentano di emergere nonostante tutto, incredibilmente sentimenti quali compassione ed empatia verso gli altri, si tratti di esseri umani o non, spesso suscitano irritazione, rabbia e rancore.

Capita quindi che nella cittadina ligure di Savona, un manipolo di cittadini indignati abbia deciso di insorgere ( raccogliendo firme e presentandole in comune) contro un’anziana signora che si permetteva di disturbare la quiete pubblica offrendo del cibo a dei piccioni sul suo terrazzo e nella piazza antistante la sua abitazione. Nonostante minacce, avvertimenti e numerose multe questa persona ha continuato con quello che riteneva un gesto innocuo, nonché giusto e comprensibile, contribuire al sostentamento di questi animali che hanno saputo con il tempo adattarsi al contesto urbano, e popolarlo in larghi numeri, e che per molti individui come gli anziani, che sono progressivamente emarginati ed isolati nelle città, rappresentano compagnia e consolazione dalla solitudine . La perseveranza della signora avrebbe spinto, sembra, le autorità locali a predisporre il ricovero coatto ( TSO – Trattamento Sanitario Obbligatorio*) presso una struttura per anziani, ed alla confisca dei suoi beni per poter ripagare i presunti danni che gli uccelli avrebbero provocato nella zona.

Alcuni volontari animalisti locali avrebbero tentato la mediazione, proponendo che la signora fosse autorizzata a nutrire i piccioni nel vicino torrente,  ma chiaramente a nessuno è interessato spendere tempo ed energie per permettere ad una persona che ama passare il proprio tempo nutrendo animali che per la maggior parte della società non sono che un fastidio di continuare a farlo, e si è pensato che internarla contro il proprio volere e confiscarle i beni fosse una soluzione idonea .

In questa società dove proprietà e profitto sono divenuti i valori che regolano le nostre vite e determinano la dimensione della nostra moralità, ogni gesto fuori dalla logica della produttività e della funzionalità va sanzionato, fermato, reindirizzato sulla retta via non importa come.

Noi continuiamo a pensare che compassione ed empatia siano elementi indistinti dal nostro “essere umani”, intendendo questi termini non come semplice qualifica della nostra specie.  Che ogni essere vivente, sia esso un piccione, un bambino o un cavallo, sia in grado di percepire dolore, sofferenza e fame, e che sia non solo comprensibile, ma “umano” che vi siano individui che decidono di aiutarne altri se è nelle loro possibilità.

Che la “variabile sacrificabile” non siano ( e debbano smettere di essere considerati) gli animali, ma quel mondo di ferro, cemento e veleni che abbiamo costruito su questo pianeta, e dove molti di loro non possono far altro che morire,  o  cercare di adattarsi.

Qui il link di un articolo, tratto da un quotidiano locale, sulla vicenda.

 

*TSO : si tratta della possibilità da parte delle autorità, su giudizio di un medico ,di disporre del ricovero coatto di una persona considerata socialmente pericolosa in una struttura di cura e di sottoporre la stessa ad un procedimento terapeutico che varia da soggetto a soggetto, ma che prevede la somministrazione forzata di medicinali di vario genere.

Nel pratico significa che in modo totalmente arbitrario, autorità locali possono ordinare un ricovero coatto di qualsiasi indesiderato /a, si tratti di tossicodipendenti, di senzatetto, di una signora che nutre piccioni o di uno /a qualsiasi di noi che per qualsiasi, svariata ragione, possa manifestare la propria rabbia o frustrazione in maniera un pò troppo rumorosa e plateale, forzarlo /a a letto,   imbottirlo /a di psicofarmaci, tranquillanti ed altre sostanze, provocando danni psicologici e psichiatrici che si sono spesso rivelati permanenti ed irreversibili.

Posted in liberazione animale.


Dichiarazione di alcuni /e degli /lle imputati /e nel caso “Barchem 4” in previsione del processo

Queste parole sono per ognuno di noi che si è mai sentito impotente, contro un nemico mille volte più grande.

Negli ultimi anni la repressione, contro ogni lotta per la liberazione, è aumentata. In paesi diversi l’attenzione delle autorità si è concentrata sui movimenti diversi, ma la sostanza rimane la stessa: Stato e governi proteggono gli sfruttatori, non gli sfruttati. Proteggono gli oppressori, non le vittime.  Proteggono coloro che violentano, uccidono e schiavizzano. Non coloro che mettono in discussione l’esistenza stessa delle gabbie. Per fare questo, si stanno usando nuove leggi, unità speciali della polizia, un numero maggiore di migliorate tecniche di sorveglianza

In questo recente caso contro il movimento di liberazione animale, quelli/e che scrivono sono stati accusati /e di un presunto crimine:  aver liberato quasi 5000 visoni dalle loro gabbie, dove avrebbero vissuto una vita di paura, angoscia ed isolamento prima di essere uccisi per divenire cappotti di pelliccia, in un allevamento nel villaggio olandese di Barchem.

Per questo motivo saremo processati /e il 25 ed il 27 settembre in Olanda.

Non spenderemo altre parole su questo evento specifico, considerando che il processo deve ancora svolgersi, ma vorremmo offrire il nostro punto di vista al movimento, su ciò che la repressione sta facendo, su quello che la repressione significa veramente per noi.

La repressione deve essere affrontata con consapevolezza. Bisogna in un certo modo sapersela aspettare, dobbiamo essere preparati /e e pronti /e ad accettare le conseguenze del voler mettere in discussione lo stato attuale delle cose. Senza questa consapevolezza ci accingiamo a vivere la nostra vita nella paura e non essere in grado di portare avanti le lotte in modo efficace. La repressione nasce come risposta ad una lotta efficace. Ogni azione comporta una reazione, è per questo che i governi e la polizia intervengono per fermarci, perché stiamo trovando metodi che funzionano per ottenere dei risultati. Se non fossimo una effettiva minaccia, non avrebbero fatto nulla perché alle autorità non sarebbe importato.

Dobbiamo accettare l’idea dell’esistenza della repressione, se quello che vogliamo è che questa lotta generi un reale cambiamento. La repressione ed il costruire un cambiamento effettivo sono fondamentalmente due facce della stessa medaglia. La peggiore reazione che possiamo avere di fronte alla repressione è di timore. Questo è quello che da alla repressione il suo potere. Siamo noi, come movimento, che possiamo scegliere in che modo reagire davanti alla repressione, e decidere se vogliamo che influenzi il nostro agire o meno. Continuare  le campagne che cercano fermare è il modo migliore in assoluto per sfidare, e combattere, la repressione. Rispondere in maniera più forte, migliore, più organizzata e  con maggiore preparazione. Prendere in considerazione che la repressione esiste significa diminuirne l’impatto sulle nostre vite quando colpisce. Imparare gli uni dagli errori degli altri per potenziare le nostre strategie. In caso contrario, daremo alle autorità repressive un modello che può essere utilizzato per calpestare qualsiasi altro tipo di dissenso, in qualsiasi altro movimento.

Questo è il loro modo di lavorare, colpiscono uno /a di noi per insegnare a mille. Questo è l’obiettivo stesso di arresti e perquisizioni, di isolamento e prigionia. E’ la loro migliore arma:  instillare la paura nelle nostre teste per renderci innocui /e, per farci tacere.

Per questo motivo, mentre ci troviamo di fronte questo processo ci piacerebbe ricordare a tutti che anche noi abbiamo un’arma. Si tratta di un’ arma più forte delle loro, perché è costruita su compassione e rabbia, è basata sulla dedizione e la sincerità di persone che condividono lo stesso senso di urgenza: si chiama solidarietà.

Solidarietà significa sostenersi a vicenda nei momenti di bisogno, ma anche rispondere agli attacchi, non lasciare che la paura conquisti le nostre vite o fermi la nostra capacità di essere efficaci. Significa costituire insieme un movimento realmente unito, con tutte le nostre forze, competenze e abilità. Ed unirci in un nostro obiettivo comune: porre fine allo sfruttamento spietato dei nostri compagni /e esseri viventi e del pianeta che  ci ospita tutti /e.

La solidarietà è la chiave per mantenere viva questa lotta, e per creare un movimento che non saranno mai in grado di distruggere.

Perché nessuno è libero, fino a quando TUTTI /E sono liberi.

Alcuni /e imputati /e nel caso “Barchem 4”

 

Per saperne di più:

http://www.svat.nl/barchem4/en/index.html

 

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versione in inglese :

These words are for every one of us who has ever felt helpless against an enemy a thousand times larger than yourself.

In the last years the repression against every liberation struggle has increased. In different countries the attention of the authorities has focused on different movements, but the substance remains the same: state and governments protect the abusers, not the abused. They protect the perpetrators, not the victims. They protect those who rape, kill and enslave. Not those who challenge the very existence of the cages. To do this, they are using new laws, special police units, more and better surveillance techniques.

In this recent case against the animal liberation movement, those who write have been accused of a crime: to allegedly have set free almost 5000 minks from their cages, where they would have lived a life of fear, distress and confinement before being killed and made into fur coats, at a fur farm in the dutch village of Barchem.

For this reason we will face trial the 25th and 27th of September in Holland.

We’ll not spend more words on this specific event, considering that the trial is yet to come, but we’d like to offer our perspective to the movement, about what repression is doing, about what repression really means to us.

Repression needs to be dealt with head on. It needs to be expected, we need to be prepared and ready to accept the consequences of challenging the actual state of things. Without this awareness we are going to live our lives in fear and not fight in any kind of effective way. Repression is born out of effectiveness. Every action has a reaction, that is why governments and police step in to stop effective ways of achieving our aims. If we were being ineffective, then nothing would be done to stop us because the authorities would not care.

We need to accept the idea of repression, if what we want is to create a struggle that will make any kind of change. Repression and effective change are basically two sides of the same coin. The worst reaction to repression is for us to run scared. This gives repression it’s power. We as a movement choose how we react to repression, and whether we can allow it to affect us or not. Continuing with the campaigns they try to stop is the absolute best way to challenge and fight repression. Come back harder, better, more organized, stronger, and more prepared. Expect and deal with repression in order to lower the impact when it happens. Learn from each others mistakes and empower our strategies. Otherwise, we leave the authorities with a blueprint that they can use to trample out any other kind of dissent, in any other kind of movement.

This is the way they work: they hit one of us to teach a thousand. This is the very aim of arrests and house raids, of isolation and imprisonment. It’s their best weapon: to instill the fear in our heads to make us harmless, to make us silent.

For this reason, while we face this trial we’d like everyone to remember that we, too, have our weapon. Is a weapon stronger than theirs because is built on compassion and rage, it’s based on dedication and sincerity between people who share the same sense of urgency: it’s called solidarity.

Solidarity means supporting each other in times of need, but also fighting back, not letting the fear win over our lives or stop us being effective. It means coming together as a movement, with all our strengths, skills, and abilities. And ultimately, coming together through our shared aim; ending the ruthless exploitation of our fellow living beings and of the planet that host us all.

Solidarity is the key to keep every struggle alive and to create a movement that they’ll never be able to break.

Because no one is free, until ALL are free.

 

Some defendants in the “Barchem 4” case.

Read more at: http://www.svat.nl/barchem4/en/index.html

 

Posted in liberazione animale, supporto prigionieri.


Villa Vegan a rischio sgombero!

Villa Vegan occupata a rischio sgombero

A metà luglio 2012, agli indirizzi di residenza di due delle abitanti della Villa Vegan occupata di Milano, si presentano pattuglie di carabinieri che consegnano dei fogli di “chiusura indagini” relative all’occupazione del posto. Ricordiamo che la Villa è uno spazio anarchico vegan, occupato da ben 14 anni, nel corso dei quali è sempre stata punto di riferimento per iniziative, concerti, benefit, mobilitazioni e dibattiti relativi a molti aspetti della lotta antiautoritaria al dominio, rifiutando sempre qualunque tipo di rapporto con le istituzioni. Tra le lotte portate avanti, quelle per la liberazione animale e della terra, contro la civilizzazione, Cie e carceri, repressione, sessismo, capitalismo ecc. Inoltre in Villa sono presenti anche una ciclofficina, una sala prove/registrazioni e un orto, attività autogestite e al di fuori di logiche di mercato.

Da 14 anni questo posto è il crocevia di tantissime compagne e compagni da tutto il mondo, che contribuiscono ad uno scambio di esperienze politiche e legami di affetto e affinità a livello internazionale.

In questo spazio hanno trovato una nuova vita anche molti animali salvati dagli orrori degli allevamenti, oltre ad altri animali in difficoltà: cani, gatti, galline, tacchini, anatre, conigli che dopo una vita di prigionia e schiavitù vivono ora liberi nel parco della Villa, senza che nessuno più li consideri oggetti o risorse da sfruttare.

Dalla lettura dei fogli dell’inchiesta veniamo a sapere che la denuncia parte su richiesta della direttrice del Settore Demanio e Patrimonio Comunale di Milano MARI LAURA, come prima misura in vista di un futuro sgombero: “Il Comune chiede che, previa identificazione degli occupanti, vengano adottate tutte le misure idonee all’estromissione degli occupanti dall’immobile, al fine di realizzare quanto prima l’interesse pubblico attraverso il suo utilizzo secondo la destinazione attribuitagli”.

Le indagini sono state effettuate dalla Digos di Milano che in più occasioni ha fatto appostare vicino all’ingresso del posto due dei suoi uomini per spiare e registrare gli ingressi e le uscite, ed in una occasione è riuscita ad introdurre due agenti di polizia locale nel parco con un sotterfugio, riuscendo ad annotare le targhe delle auto e a riconoscere l’identità di quattro dei numerosi abitanti della casa, gli stessi a cui poi ha fatto recapitare le denunce.

Oltre alla denuncia per l’occupazione c’è un’esilarante aggravante per “deterioramento dello stato dei luoghi” con la costruzione di un forno a legna, da cui in effetti abbiamo sfornato tantissime buone pizze fuorilegge!

E’ chiara la volontà da parte del Comune di sgomberare la Villa, per questo inizieremo sin da ora a mobilitarci con iniziative contro gli sgomberi e la repressione. Se credono che li lasceremo agire con tranquillità nel riprendersi questo spazio liberato, per farne l’ennesimo mostro di cemento frutto della speculazione edilizia, si sbagliano di grosso. Siamo pront* a resistere fino alla fine per impedire lo sgombero di quelle che non sono solo quattro mura ma è un’esperienza di complicità e di lotta vissuta quotidianamente. Di fronte all’avanzata dell’ urbanizzazione e l’annientamento di ogni spazio non funzionale al profitto siamo pront* a difendere ogni albero che si trova in questo parco, e la libertà degli animali che qui hanno trovato casa.

In caso di effettivo sgombero, invitiamo fin da ora le compagne e i compagni di ogni dove a raggiungerci subito e nei giorni successivi per una mobilitazione incisiva e duratura!

Nessuno sgombero senza risposta!

La via della libertà giace nella rovina delle nostre città!

Villa Vegan Occupata
30/07/2012

Contatti:
Via Litta Modignani 66
Milano
villavegansquat@inventati.org

Se avete qualcosa da dire…

Settore Demanio e Patrimonio, Via larga 12– 20122 MILANO,
IV piano , Settore Demanio e Patrimonio, stanza 491, 493 ,495

Responsabile: Mari Laura, tel. 02.884.53175 – 02.884.53176
laura.mari@comune.milano.it

Posted in general.


Caccia al cinghiale: alcuni spunti di riflessione

Vi sono diverse forme in cui lo specismo si afferma nella società in cui viviamo, diversi aspetti che ne esplicitano la diffusione. Spesso quando si pensa alle forme di abuso degli animali vengono alla mente macelli, allevamenti e laboratori, giustamente,  in quanto forme esplicite e manifeste ( almeno per coloro che scelgono di non volgere lo sguardo altrove) della arroganza umana nei confronti delle altre specie.

Vi sono però numerose altre pratiche umane che generano  un forte impatto sulla vita di altri animali e sull’eco sistema, la caccia ( intesa come la pratica “sportiva” tipica delle società civilizzate,  che nulla ha a che vedere con la caccia di sussistenza delle popolazioni tribali)   e le attività ad essa connesse sono sicuramente una di queste.

Nel particolare ci interessa parlare di caccia del cinghiale, l’odiato animale che distrugge orti ed oliveti, che si riproduce senza sosta, il capro espiatorio responsabile di tante devastazioni e sfaceli.

La prima, fondamentale, precisazione: il cinghiale che conosciamo oggi in Italia, non è originario di questi territori. Viene “importato” proprio a finalità venatorie dall’est Europa negli anni 80, in quanto più tenace e meno spaventato dall’uomo rispetto al cinghiale italiano ( più piccolo e fragile), che sparirà lentamente proprio a causa dell’introduzione forzata del cinghiale est-europeo  dai cacciatori.

Ai cacciatori interessava avere molti animali a disposizione, e che fossero resistenti , per poter avere nuovi capi a disposizione di fucile ogni nuova stagione , e così è stato. Volontariamente hanno modificato l’equilibrio di questo ecosistema, introducendovi un animale abituato a climi rigidi, che ha proliferato senza problemi nei boschi mediterranei, e che soprattutto non conosce predatori naturali in questi territori ( considerata la progressiva sparizione dei lupi).  Inoltre, la preponderante presenza di questo mammifero nelle campagne italiane (ed i danni provocati alle coltivazioni) ha portato leggi sempre più permissive a favore della caccia, attività praticata da circa 28’000 persone nella sola regione della Liguria, ove esistono nei calendari venatori  precisi “piani di abbattimento” al fine di ridurre per quanto possibile il numero di animali presenti,  che per altro non diminuisce assolutamente in quanto il cinghiale, che vive abitualmente in grossi gruppi, tende a riprodursi maggiormente nel caso in un certo territorio diminuiscano repentinamente gli individui che lo abitano, una sorta di bilancia biologica per salvaguardare la propria specie ( in quanto in natura esistono meccanismi che, sebbene arduo a credersi, risultano ancora non controllabili dall’uomo).

I cacciatori si organizzano in gruppi e restano in contatto via radio: mentre alcuni spingono vigliaccamente gli animali fuori dal bosco, accerchiandoli, altri li attendono in punti prestabiliti, in prossimità di radure o spazi aperti, dove gli sparano.

Spesso i responsabili locali ATC ( Ambito Territoriale Caccia) sono gli unici incaricati del recupero di animali feriti o di cuccioli abbandonati dalle madri nei territori di riferimento ( in Italia non è permesso  detenere un animale selvatico,  in quanto considerato “patrimonio dello stato”, ed è un reato perseguibile penalmente). Esistono numerosi centri di recupero per animali selvatici, ma visto lo “status” speciale del cinghiale anche per loro risulta complesso poterli tenere, ed i cacciatori e le loro aziende faunistico-venatorie sono lentamente divenuti responsabili primari della  vita (e della morte) di questi animali.

Di norma i cacciatori impiegano gli animali a loro affidati come “allenamento” per i cani, che nel pratico significa una breve vita all’interno di un recinto, continuamente terrorizzati ed attaccati dai segugi, sino alla morte.

In una mattina di aprile, percorrendo una strada montana nel nord ovest,  ci siamo imbattuti in un piccolo gruppo di persone, a bordo strada  si trovavano due piccoli di cinghiale appena partoriti, con ancora il cordone ombelicale attaccato. Mentre alcune persone più ragionevoli tentavano di portarli via dalla strada e spingerli a lato accompagnandoli con dei bastoni ( il contatto con l’uomo impedisce ad un cucciolo di animale selvatico di essere ri-accettato dalla propria madre), altre molto meno rispettose hanno iniziato a toccare i due cinghialotti, altre ancora a fotografarli mentre tremavano chiaramente impauriti, suggerendo di portarli al ristorante di selvaggina poco più sotto. Questo genera una prima e riteniamo piuttosto aberrante riflessione: l’animale per molti (quasi tutti) gli esseri umani, non esiste come soggetto la cui funzione si esaurisce nella sua esistenza stessa, che dovrebbe essere pienamente vissuta in libertà, ma esclusivamente nell’essere funzionale ad uno specifico uso umano,  la mucca è funzionale al macellaio e a colui che ne mangia le carni, il visone  è funzionale all’allevatore che lo tortura o  al pellicciaio che ne vende la pelle, il cane beagle è funzionale allo scienziato che lo sevizia, ed il cinghiale è funzionale al cacciatore ed al ristoratore che lo cucina come prelibata “selvaggina”. Questi animali non vengono identificati come null’altro che “oggetti funzionali ad una attività umana”, se non ci servono sono inutili, non esistono.

Consci della responsabilità che deriva dal prelevare un animale selvaggio dal proprio ambiente naturale ed abituarlo al pericoloso contatto con l’uomo, non abbiamo avuto in quella particolare situazione molte altre possibilità se non prelevare i due cinghialotti. Al di là dei curiosi che avevano toccato i piccoli, la conformazione della strada ( a valle, sotto un dirupo roccioso) rendeva impossibile per loro muoversi tanto a destra quanto a sinistra, avevano a disposizione solo il bordo della strada e l’asfalto. Va poi precisato che,  se nel caso di un cucciolo abbandonato o di un animale ferito per cause “naturali” ( ad esempio nel mezzo di un bosco, o su un prato) pensiamo sia doveroso chiedersi se sia davvero giusto soccorrerlo o se si debba semplicemente farsi da parte e lasciare che le cose avvengano senza il nostro intervento; quando un animale si trova in difficoltà per causa umana ( in questo caso chi lo ha toccato, e chi ha costruito quella strada, che di naturale non ha nulla) sia comprensibile tentare di porre rimedio.

In quel momento non sapevamo che i due nuovi arrivati ci avrebbero riempito ogni singolo giorno ( e notte) per i due mesi a venire. Purtroppo una dei due cuccioli non ce l’ha fatta.  L’altro invece ha resistito sino al momento in cui, finalmente, ha trovato posto in un luogo dove non verrà infastidito dai sadici della domenica, e potrà vivere, sebbene addomesticato, con dei suoi simili il resto della sua esistenza.

Il cinghiale è, come il maiale d’altronde, un animale dalla intelligenza sorprendente , dopo soli 15 giorni i due piccoli erano interessati da qualsiasi cosa vedessero o annusassero, poco dopo già riuscivano a trovare autonomamente il cibo, scavando con il naso nel terreno alla ricerca di radici o lombrichi.  Si tratta di individui che vivono in gruppi sociali complessi in cui, per esempio,  i cuccioli sono allattati da tutte le femmine del gruppo, per facilitarne la sopravvivenza, e solo nell’ultimo periodo dello svezzamento sono seguiti solo dalla madre.

Scriviamo questo non perché ci interessi offrire una immagine che susciti simpatia o tenerezza,  in quanto il rispetto che dobbiamo alle popolazioni animali dovrebbe prescindere dal fatto che li riteniamo carini o meno, ma semplicemente per  mostrare, ancora una volta, che quelli che macelliamo, scuoiamo, vivisezioniamo o cacciamo non sono oggetti, sono esseri viventi che come noi tutti amano giocare in un campo sotto il sole o dormire sereni nel proprio rifugio. E che quelli che ogni settimana tra ottobre e gennaio vengono inseguiti e brutalmente uccisi nei nostri boschi sono individui, con le loro peculiarità e differenze.

Quello che i cacciatori “sportivi” portano avanti è  un massacro, uno dei tanti che la specie umana, organizza ed amministra su questo martoriato pianeta, e non ci interessano le loro ragioni, l’aver conosciuto così da vicino due di loro rafforza la nostra consapevolezza di essere , e voler restare, dalla parte dei cacciati.

 

Posted in ecologismo, liberazione animale.


Panoramica sulla recente repressione del movimento di liberazione animale in Olanda: il caso dei BARCHEM 4

Nello stato centro-europeo dell’ Olanda le industrie dello sfruttamento  animale hanno numerosi interessi, molti punti nevralgici. Circa 250 allevamenti di animali da pelliccia sparsi per il territorio,  tutte le maggiori multinazionali farmaceutiche hanno in Olanda strutture di ricerca e laboratori di importanti dimensioni , e vaste regioni basano la propria economia sulla industria zootecnica.

Non stupisce che in questa nazione l’attività di anonim* liberatori e liberatrici nel corso degli ultimi 30 anni sia stata particolarmente intensa.  La storia del movimento di liberazione animale in Olanda, e quella  dell’azione diretta che ne ha contraddistinto la pratica, inizia già sul finire degli anni 70, con la prima liberazione di beagles dall’allevamento del laboratorio TNO nei pressi di Zeist.

Nel 1996 si ha un primo esempio della determinazione delle forze repressive  con l’arresto ( grazie alla costituzione di una squadra speciale ) di Frank ed Erik,  due attivisti accusati di oltre 28 azioni incendiarie contro l’industria della carne olandese, verrà alla fine dimostrato il loro coinvolgimento in sole tre azioni e saranno condannati a 4 e 5 anni, ma il caso sancisce l’inizio dell’interesse da parte delle autorità nei confronti del movimento.

La seconda metà degli anni 90, sino ai primi anni duemila, sono caratterizzati da un aumento esponenziale delle azioni contro le industrie della carne, della pelliccia e della ricerca.

Nel 2002 viene assassinato Pim Fortuyn, populista xenofobo con buone probabilità di vincere le incombenti elezioni politiche, in un contesto ancora poco chiaro viene arrestato il presunto assassino, attivo nel movimento eco-animalista. Questo evento contribuirà nel creare un clima di odio e diffidenza nella società olandese verso l’attivismo in difesa degli animali.

Nel 2008 una determinata campagna organizzata da attivist* di base riesce dopo soli 6 mesi ad impedire la costruzione del laboratorio di vivisezione “Sciencelink” voluto dalla multinazionale Harlan.  Come conseguenza a questa vittoria per la prima volta si parlerà nel parlamento olandese di “legge speciali anti terrorismo” sull’esempio di America ed Inghilterra, la legge arriverà al voto parlamentare per due volte, nel 2005 e nel 2009, ma non verrà mai approvata nonostante il supporto trasversale.

Dal 2006 la campagna anti-vivisezionista SHAC viene posta al centro  delle attenzioni repressive : inizia una intensa collaborazione tra polizia inglese ed olandese per stroncare la campagna,  una serie di azioni di sabotaggio contro Euronext  ( gruppo finanziario che possedeva azioni del laboratorio HLS)  motivano una ondata mediatica diffamante ai danni del movimento e la creazione in tempi recenti di una squadra investigativa speciale focalizzata solo su casi di liberazione e sabotaggio , che lavora a livello nazionale ( cosa che accade in Olanda solo per casi di crimine organizzato e mafia) , con ingenti risorse a disposizione.

Per meglio comprendere il clima venutosi a creare può essere utile menzionare che alle diverse realtà olandesi viene richiesto nel 2008 di firmare un documento dove prendono pubblicamente le distanze da coloro che praticano l’azione diretta, pena il riconoscimento del gruppo come potenzialmente “pericoloso” e la garanzia di attenzioni particolari da parte della polizia. Solo uno tra i maggiori gruppi olandesi rifiuta di firmare.

L’apice di questo accanimento repressivo viene raggiunto nel’ottobrel2009, con l’arresto di quattro persone, in tempi diversi, accusate di aver partecipato ad una liberazione di circa 5000 visoni nei pressi della città di Barchem.

 

La notte stessa una attivista tedesca veniva arrestata, passando i due mesi successivi in carcere, in condizione di isolamento totale : censura della posta,  nessun contatto con altre detenute, nessuna possibilità di telefonare o comunicare con l’esterno in alcun modo, persino le comunicazioni con l’avvocato vengono sottoposte a severe restrizioni.

Nelle settimane a venire altre due persone vengono arrestate, una delle due rimane in custodia per circa due mesi, mentre una terza viene rilasciata dopo tre giorni. Il quarto imputato viene arrestato in Germania grazie ad un mandato di cattura internazionale,  trascorrerà un mese di carcere in Germania salvo poi essere trasferito in Olanda per altri due mesi, sarà l’ultimo ad essere rilasciato, con obbligo di dimora nello Stato per due anni, restrizione solo recentemente rimossa.

Da ormai due anni e mezzo si rimane in attesa per il processo. Le informazioni rilasciate dalla polizia alle persone coinvolte ed ai loro avvocati sono volutamente scarse e frammentarie, probabilmente con l’intenzione di celare una manovra repressiva di più ampio raggio.  Il fatto che per le autorità si tratta di un caso di rilievo è suggerito dal numero e dalla tipologia di strumentazione tecnica utilizzata  per le investigazioni  ( dispositivi gps installati sotto le auto, microfoni e spie ambientali di diverso rango posizionate in numerose abitazioni, mini telecamere per le osservazioni, intercettazioni telefoniche ) .

Le persone coinvolte in questo caso necessitano il nostro aiuto e supporto, invitiamo chiunque a considerare la possibilità di organizzare eventi solidali, che aiutino le/gli attivist* a coprire le spese legali in vista del processo.

Per informazioni ed aggiornamenti sul caso contatta il gruppo di supporto a questa mail :

 svat@riseup.net

maggiori informazioni disponibili in inglese sul sito :

http://svat.nl/barchem4/en/index.html

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Domenica 10 giugno in occasione del compleanno della Villa Vegan, a Milano, una attivista coinvolta nel caso parlerà della attuale situazione, contestualizzando il fatto in una più ampia panoramica sulla repressione in Olanda , l’appuntamento è per le ore 16, a seguire  concerto con :

EMBERS- black metal USA

THE INFARTO SHEISSE- punk Bergamo

AGATHA- sludge punk Milano

ANPHETAMINA C – hc punk Milano

INNER SCENT – post punk Milano

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Aiutaci a diffondere le  informazioni relative a questo caso. Scarica e stampa il volantino informativo:

fronte

retro

Posted in attivismo, liberazione animale, supporto prigionieri.


Liberazione animale e rivoluzione sociale – di Brian A. Dominick

Una prospettiva vegan dell’anarchismo o una prospettiva anarchica del veganismo /// Traduzione italiana dello scritto di Brian.A. Dominick 

 

consultabile a questo link 

 

 

Posted in articoli e traduzioni.


Lettera di Marie Mason in occasione dell’11 giugno- giorno di solidarietà internazionale

Traduciamo ed inoltriamo una lettera che Marie Mason ha diffuso qualche mese fa,  in occasione del suo cinquantesimo compleanno. Marie Mason, in estrema sintesi, è stata condannata ad una esorbitante pena di 21 anni di carcere per due azioni ecologiste nel 2009. L’ex marito di Marie, Frank Ambrose, ha deciso di divenire informatore dell’FBI ed ha giocato un ruolo determinante nel farla incriminare. Al momento Marie è la prigioniera eco-animalista con la pena più lunga da scontare in assoluto. Per chiunque non conoscesse il suo caso, invitiamo a visionare il sito di supporto a questo indirizzo.

Cogliamo occasione per ricordare anche che l’11 di Giugno è il giorno internazionale di solidarietà con Marie, Eric Mc David e gli/le altr* prigionier* anarchic* di lungo corso ( info in inglese a questo link), giornata indetta nel 2004 per Jeff “Free” Luers che ora concentra la propria attenzione sui casi di Marie ed Eric, e  che speriamo possa proseguire con sempre maggiori iniziative, azioni, proteste o semplici lettere solidali per aiutare a mantenere viva ed attuale la rabbia per queste assurde condanne, e soprattutto la solidarietà verso coloro che si trovano in carcere a scontarle.

Marie dipende dalle donazioni di supporto per mantenersi in prigione: per acquistare cibo vegan o libri. Abbiamo ancora disponibili in distro alcune magliette solidali, l’intero ricavato ( 12eu) verrà trasferito tramite paypal al gruppo di supporto di Marie. Scriveteci per avere info su taglie, colori e grafiche.

Nonostante l’arroganza di un giudice la abbia condannata alla galera per un periodo di tempo assurdamente lungo, Marie è in grado di scriverci , dal carcere di Carswell parole belle, rabbiose e determinate come quelle che seguono.

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Ciao e Buon Anno Nuovo!

E ‘ ormai un po’ più di un anno e mezzo da quando sono stato trasferita qui all’Unità amministrativa di  Carswell. Molte persone hanno scritto chiedendomi se ero in ospedale qui, e no, non lo sono. L’Unità amministrativa è solo una parte di un complesso più grande, dove si trova un importante centro medico per il Ministero delle Prigioni. Questa unità è completamente separata sia dal resto del complesso, sia dal centro medico. In realtà è persino più difficile vedere la maggior parte del personale medico da qui, a causa dei particolari requisiti di sicurezza che devono accompagnare ognuno di noi se lasciamo questa parte della struttura, per qualsiasi motivo.

Si tratta di un mondo molto piccolo, solo circa 20 donne si trovano qui in completa segregazione dalla popolazione carceraria generale. È un’unità mista, e funge sia come braccio della morte, sia  come una sorta di unità di controllo. Fortunatamente non siamo chiuse in cella tanto quanto lo sono gli uomini nella struttura maschile, in quanto la politica nel BOP è diversa per i detenuti maschi e le detenute femmine.

Sono stato in grado di mantenere la mia dieta vegana, per lo più a mie spese fino a poco tempo fa, e continuerò a farlo. E ‘stato più facile mantenere una dieta sana e varia qui rispetto a prima. La cucina di Carswell ha opzioni vegan per i pasti quasi sempre, con poche eccezioni. Fagioli, riso e verdure sono per lo più delle volte disponibili.

Carswell è abbastanza lontano da tutti quelli che conosco e questo rende difficoltoso per molti venirmi a visitare. E ‘costoso viaggiare, e venire qui incute un certo timore… Ma la mia famiglia e la mia amica Julie hanno già affrontato il viaggio per arrivare sino qui, le cose sono andate bene ed è stato bello vedere i miei cari. Recentemente ho dovuto lottare per tenere il ritmo dei contatti con le persone attraverso la posta e le e-mail. Ho avuto qualche problema in questi ultimi anni con le lettere perse e cose del genere, ma ho deciso di controllare meglio ed aumentare la mia comunicazione con l’esterno da quest’anno. Se avete scritto una lettera, o firmato una delle meravigliose cartoline (dopo un convegno animalista, al gathering di  Heartwood, durante una serata in cui si scrivevano lettere di supporto ai prigionieri) – vi ringrazio molto e vi prego di sapere quanto ho apprezzato le vostre parole ed il vostro incoraggiamento! Sono stata così felice di sentir parlare di passeggiate nei boschi (quanto mi manca poter essere nelle foreste!), incredibili gite in bici, foto di amici animali e bellissimi luoghi naturali e le descrizioni di tutte le grandi campagne per salvare le foreste e gli animali, per fermare l’inquinamento nucleare e per fermare il progetto Keystone Pipeline!! State davvero facendo molto!

Domani compirò 50 anni. Si tratta di un momento fondamentale  per riflettere sulla mia vita. Come tutti gli esseri umani, ho commesso degli errori ed ho qualche rammarico di poco conto. Ma io sono ancora una anarchica, una femminista, internazionalista, una Wobbly ( attivist* facenti parte del collettivo sindacale anticapitalista “Industrial Workers of the World” ndr), una organizzatrice per la comunità, una appassionata Earth Fist!er e sono ancora orgogliosa di aver fatto la mia parte nell’Earth Liberation Front e nell’Animal Liberation Front per difendere la natura selvaggia ed i nostri fratelli e sorelle non-umani.

Ho speso la mia vita in molti movimenti, e tutti mi sembrano essere parte del processo di cambiamento necessario. Questo esperimento di cambiamento sociale è ancora in corso e noi tutti dobbiamo continuare a provare, continuare a contribuire per quello che possiamo. Il mio corpo è intrappolato qui, ma il mio cuore è con voi che combatte ancora. Mai arrendersi, mai arrendersi, tenete le vostre menti aperte a inventare migliori compassionevoli modi per generare il cambiamento. E scrivete, quando potete. Sono una mamma, mi preoccupo per tutti voi là fuori…

Come diceva Woody Guthrie “take it easy…but take it” ( prenditela tranquilla….ma prenditela).

Per Scrivere a Marie :

Marie Mason #04672-061

FMC Carswell

Federal Medical Center

P.O. Box 27137

Fort Worth, TX 76127

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